Crac Divina Provvidenza, no a parte civile struttura

fonte:http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it

La struttura sanitaria Casa della Divina Provvidenza non potrà chiedere i danni al senatore di Forza Italia Antonio Azzollini, imputato con altre 13 persone nel processo sul crac dell’ex ente ecclesiastico. Lo ha deciso il Tribunale di Trani dinanzi al quale è iniziato oggi il processo per bancarotta fraudolenta, escludendo la costituzione di parte civile della Casa della Divina Provvidenza nei confronti di Azzollini e dell’ex direttore generale Antonio Albano, mentre resta costituita – come aveva fatto in udienza preliminare – nei confronti di tutti gli altri. I giudici hanno dichiarato inammissibile la costituzione per una questione tecnica, accogliendo l’eccezione fatta dal difensore del senatore, l’avvocato Felice Petruzzella.

Stando alle indagini della Procura di Trani, gli allora amministratori della sede foggiana dell’ente e Azzollini, per molti anni sindaco della vicina Molfetta (Bari), avrebbero causato un crac da 500mila euro. In sostanza – è la tesi accusatoria – Azzollini è stato amministratore di fatto della Cdp, ma «non ha agito per interessi di natura economica», ma per questioni di utilità personale e politica costituendo nella struttura sanitaria «un bacino di consenso politico-personale di notevole portata pressoché eterno da parte di tutti coloro che, proprio grazie al suo intervento, continuano a trarre guadagni (leciti o illeciti) dalla Congregazione».

Oltre all’ex presidente della commissione Bilancio del Senato e agli ex amministratori e consulenti dell’ente, sono a processo anche la madre superiora della congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, Marcella Cesa, e suor Assunta Puzzello, quest’ultima a capo della Casa di procura Istituto Ancelle della Divina Provvidenza. Gli imputati rispondono, a vario titolo, di associazione per delinquere, bancarotta aggravata e continuata. In particolare Azzollini risponde di bancarotta fraudolenta e di induzione indebita a dare o promettere utilità nei confronti della madre superiore, a cui il parlamentare pugliese si sarebbe rivolto con «un atteggiamento di prevaricazione, compendiato, tra l’altro, nella frase: ‘Da oggi in poi comando io, se no, vi piscio in boccà». Il processo proseguirà il 22 gennaio con l’audizione di alcuni testimoni dell’accusa.

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