
di Lorenzo Pisani – www.molfettalive.it
Tra oggi e lunedì la giunta comunale molto probabilmente sarà chiamata a discutere di rischio idrogeologico nel territorio di Molfetta.
Sul tavolo, la recente sentenza con cui il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha respinto il ricorso dell’amministrazione Azzollini contro il Piano di assetto idrogeologico dell’Autorità di bacino. Ad oggi non è ancora chiaro quale sarà l’orientamento del governo cittadino. Se si procederà all’impugnazione della sentenza in Corte di Cassazione o si accetterà il verdetto.
In entrambi i casi – la sentenza è esecutiva – bisognerà ridiscutere tutti gli strumenti urbanistici. Non solo il Piano degli insediamenti produttivi (Pip), ma anche Piano dell’agro, il piano regolatore e il suo adeguamento al piano urbanistico territoriale tematico (Putt) dovranno adeguarsi a quanto stabilito in tema di rischio idrogeologico dai tecnici dell’Autorità.
Nelle aree in cui è stata individuata una bassa, media o alta pericolosità in caso di forti piogge si dovranno rispettare una serie di prescrizioni, che vanno dal rispetto delle lame (ne sono state individuate 13 in tutto il territorio cittadino) sino al divieto assoluto di costruire.
Attendono una risposta di Palazzo di Città non solo tutti quelli che avrebbero voluto insediarsi nella futura terza zona artigianale, prevista in una porzione di territorio che comprende aree a forte rischio, ma anche i proprietari dei terreni destinati all’edilizia, che in questi anni hanno regolarmente versato al Comune l’Ici.
Una sentenza, quella del tribunale romano, che pone un punto fermo nell’urbanistica molfettese. E più in generale scrive una pagina nazionale in materia, come sottolineato da Legambiente in una recente conferenza stampa.
L’associazione ambientalista si è costituita in giudizio, supportando gli studi dei tecnici regionali. Negli ultimi due anni, il consulente tecnico, l’ingegnere Vito Copertino, e l’avvocato Rosalba Gadaleta hanno seguito l’evolversi del dibattimento. Oggi esultano con l’ex presidente del circolo cittadino, Antonello Mastantuoni, vedendo riconosciute le loro ragioni.
Non è stato un cammino facile, raccontano: i dissidi registrati nelle riunioni del “tavolo tecnico” istituito dal tribunale, la perizia del consulente tecnico d’ufficio, i parametri geomorfologici. Infine, la sentenza.
Pesano troppo, sull’ambiente e nella memoria, le immagini di vecchi e nuovi disastri ambientali. «È ora di smetterla di trattare l’argomento come un’emergenza», commenta il neo presidente del circolo di Legambiente, Cosimo Sallustio. Convinto che quanto deciso dal tribunale metta «un punto al saccheggio della città».
L’associazione del cigno non si dichiara contro il progresso, ma anzi punta a una rinnovata sensibilità ambientale e al rispetto del territorio come fattore di sviluppo e armonia col territorio.
È ora, insomma, di ripensare lo sviluppo di una città «che in vent’anni ha raddoppiato la sua estensione». E già ci sono proposte. Come quella di valutare il reale bisogno di spazi da dedicare ai capannoni: «Servono davvero o bastano gli spazi inutilizzati nelle zone produttive già esistenti?».
Sul Pai, che campeggia sulla parete della sede di Legambiente, spiccano oltre alle aree celesti e blu, anche tratti rossi. Sono le zone ad alto rischio presenti nel centro abitato, «per cui sarebbe opportuno approntare un piano di protezione civile».
La parola adesso passa all’amministrazione comunale. Ci sarà da lavorare per adeguare gli strumenti urbanistici allo studio dell’ente regionale. In passato Palazzo di Città non ha nascosto un certo disappunto sull’approvazione del piano di assetto, definendola “improvvisa”. Ma Legambiente non ci sta: «Nei tre anni di studio, dal 2006 al 2009, i carteggi tra Autorità di bacino e Comune dimostrano il contrario».