Corruzione a Trani, potrebbero esserci altri pm e pubblici ufficiali indagati?

Tangenti, ora spunta un altro pm. E Nardi diceva: “Savasta ha fame”

fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Michele Nardi contro Antonio Savasta. I due magistrati finiti in carcere il 14 gennaio per corruzione in atti giudiziari sarebbero stati prima complici e poi nemici. Accusandosi, senza sapere di essere intercettati, l’uno con l’altro. Dall’ordinanza del gip Giovanni Gallo emerge come le responsabilità del primo vengano fuori dalle parole del secondo e viceversa e come, alla fine, siano stati del tutto inutili i tentativi di addossarsi le colpe. Per ora entrambi restano nel carcere di Lecce, dove è detenuto anche il sovrintendente del commissariato di Corato Vincenzo Di Chiaro, che nell’interrogatorio di giovedì ha parzialmente ammesso le proprie responsabilità. Lunedì saranno interrogati i due avvocati interdetti, Simona Cuomo e Ruggiero Sfrecola, nonché l’immobiliarista Luigi DAgostino, anch’egli inibito dallo svolgere attività d’impresa per un anno. Venerdi 25, invece, il Csm esaminerà la richiesta di sospensione dallo stipendio e dalle funzioni avanzata dal procuratore generale della Corte di Cassazione nei confronti di Nardi e Savasta e quella di collocamento fuori ruolo da parte del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

Le accuse a Savasta

Michele Nardi I’ 11 novembre parla nel contesto che ritiene più sicuro: al telefono con suo padre Vincenzo, ex magistrato della Procura di Trani e ispettore del ministero, deceduto nel settembre scorso. Al genitore racconta del procedimento disciplinare a cui è sottoposto Savasta e delle sue lamentele per l’accanimento giudiziario e Nardi senior risponde: « L’accanimento basato sul fatto che si è fatto i soldi, tante ne ha fatte st’idiota“. A conferma, il figlio replica: « Lo so meglio di chiunque altro che Savasta ne ha combinate di cotte e di crude: peggio di Carlo di Francia“. E’ sempre stato un tipo disinvolto mentre adesso lo stanno accusando di stronzate». Per rendere ancora più espliciti i concetti, Michele Nardi dice al padre:«Savasta ha una fame atavica, perché viene da una famiglia povera, per questo si è spinto a fare tante cose…».

Le minacce ai pm di Lecce

Michele Nardi aveva saputo delle indagini della Procura di Lecce prima ancora di ricevere atti formali. Nove mesi prima che gli arrivasse l’avviso di proroga delle indagini ne parlava con l’imprenditore Flavio D’Introno, facendogli capire di avere conoscenze altolocate. «Parlava del capo» ha riferito il costruttore ai carabinieri. All’epoca la Procura di Lecce era ancora retta da Cataldo Motta, a cui nella primavera 2017 successe Leonardo Leone de Castris. Nardi con tutta probabilità millantava rapporti che in realtà non aveva e ipotizzava che l’indagine, a un certo punto, si fosse concentrata solo su Savasta. Dopo aver ricevuto l’avviso di proroga, nel settembre 2016, però, divenne più aggressivo.  «Mi ha minacciato di morte, dicendosi capace di fare del male sia alla dottoressa Licci che a me – ha riferito D’Introno – e al luogotenente Santoniccolo, tramite esponenti dei servizi segreti deviati».

L’altro pm

A un altro sostituto procuratore, che negli anni scorsi era in servizio a Trani l’imprenditore Flavio D’Introno avrebbe pagato tangenti in cambio di decisioni giudiziarie favorevoli, come racconta una testimone. La sua posizione non è ancora definita, perché la Procura di Lecce non ha raccolto a suo carico sufficienti indizi ma i sospetti di irregolarità nel suo lavoro sono forti. Anche in virtu delle frasi scambiate tra Nardi padre e figlio nelle conversazioni intercettate. Parlando dei procedimenti disciplinari i due dicono che Savasta e il suo collega «ne hanno combinate di tutti i colori» e che contro di loro ci sono esposti molto precisi. «Savasta ha esagerato – dice il padre di Nardi – ma pure quell’altro...». E, a conferma del fatto che avrebbero guadagnato illecitamente, citano l’acquisto di un’intera palazzina da parte dell’altro pm, « che ha una moglie casalinga e quattro figli ». Dello stesso magistrato parla anche Roberto Oliveri Del Castillo (ex giudice di Trani e autore del romanzo “Frammenti di storie semplici“), davanti ai carabinieri. «Mi risultano rapporti di frequentazione tra il collega e un avvocato e ricordo che il comandante del Gruppo Barletta della finanza, in una circostanza, mi disse di essere stato avvicinato dal collega per perorare la causa dell’avvocato ».

Le accuse a Nardi

«Ti rendi conto che dovremo vergognarci di vivere per quello che uscirà fuori?» chiede Savasta a D’Introno durante gli incontri di novembre, in cui cerca di blandirlo per evitare che denunci tutto. E alle lamentele dell’imprenditore sul fatto che Nardi non vuole aiutarlo a trovare i soldi per scappare all’estero, « lui che ha fatto l’organizzatore di tutto », Savasta risponde: « Lui è la mente occulta, un mostro ». In una successiva conversazione, il pm ribadisce che « Nardi è quello che ha fatto i soldi » e « che noi – riferendosi a lui e D’Introno – siamo stati fregati da tutti». Il problema, per come ricostruito dai carabinieri, è che il costruttore vorrebbe fuggire ma non ha denaro sufficiente per farlo, né Savasta può prestarglielo perché è in cattive acque, tanto da cercare di vendere la casa di Polignano, la masseria San Felice di Bisceglie e pure un locale della moglie. La speranza è che lo aiuti Nardi, che invece sembra non volerne sapere: « Il vero problema è lui – dice Savasta – è lui che ora dovrebbe risolvere tutto ». E ancora: «La rovina è Nardi ma se queste cose escono siamo rovinati tutti ».

I due carabinieri

Nardisecondo la ricostruzionecomandava il sistema di corruzione e si avvaleva dell’aiuto di Savasta ma forse anche di qualche altro pm in servizio a Trani. E poi di avvocati, consulenti, polizia giudiziaria. Nella rete della Procura di Lecce è finito anche il sovrintendente Vincenzo Di Chiarobraccio operativo dell’accordo illecito») ma – dall’enorme documentazione – emergono anche irregolarità commesse da altri pubblici ufficiali. Per esempio i due carabinieri citati nella relazione che il pm Marcello Catalano, a maggio 2016, invia alla Procura di Lecce. Si tratta di un vicebrigadiere che è stato in servizio alla Stazione di Corato e di un brigadiere capo della Compagnia di Molfetta. Per quest’ultimo le intercettazioni hanno confermato che si sarebbe interessato di «questioni di alcuni conoscenti anche con la complicità di colleghi». 

 

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