Tra le vittime del Covid ci sono purtroppo quelle della solitudine: anziani che non ce la fanno e che vivono in solitudine gli ultimi giorni. Dall’altro lato le famiglie, con i figli costretti, nel momento dell’addio, a cedere dolorosamente ai «protocolli» imposti da un nemico sempre più invisibile.
Da Molfetta rimbalza fino al capoluogo una storia drammatica, figlia dei tempi. Riguarda la morte di una donna di 87 anni, barese, i cui figli da anni risiedono e lavorano a Molfetta. Proprio il lavoro e gli impegni delle vita quotidiana sono all’origine di una morte che, a detta dei figli, poteva essere evitata. L’anziana donna, residente a Bari, ma domiciliata a Molfetta, era assistita giorno e notte da una badante. A causa della pandemia, la giovane che l’assisteva ha dovuto far rientro nel proprio Paese d’origine poco prima dell’estate scorsa, mettendo in seria difficoltà la famiglia dell’anziana. «Mia madre nell’ultimo periodo non era autosufficiente – dice una delle figlie dell’87enne, deceduta qualche mese fa – ma grazie all’aiuto richiesto eravamo riusciti a tenerla a casa. Purtroppo le sue condizioni di salute si erano complicate, tanto da rendere necessario il trasferimento in una Rsa di Bari, dove ci avevano garantito assistenza specifica e continua». Come specificato dalla figlia dell’anziana, il trasferimento in una casa di cura si era reso necessario perché impegni di lavoro impedivano alla famiglia di stare vicina alla famiglia con continuità.
«È proprio qui che è iniziato il dramma mio e di mio fratello – prosegue la figlia – perché le condizioni di mia madre si sono improvvisamente aggravate. Ha iniziato a respirare male, tosse e dolori che le impedivano di parlare. Solo successivamente ci hanno riferito che nella Rsa era scoppiato un focolaio e anche mia madre era tra le persone contagiate e positive al Covid. Mia madre è morta ufficialmente per arresto cardiaco e insufficienza respiratoria aggravata dall’infezione da Coronavirus».
Nei giorni che hanno preceduto il decesso, nessuno della famiglia ha potuto vederla né assisterla. «Mia madre è morta sola, in un letto di ospedale, praticamente confinata come un’appestata – sottolinea con dolore la figlia – senza che nessuno di noi potesse darle l’ultimo saluto. Uno shock che io e mio fratello difficilmente supereremo, che si aggiunge al senso di colpa per averla portata in una casa di cura».
Un dramma è stato anche l’organizzazione della cerimonia funebre. «Nessun funerale è stato possibile – ricorda – ma soltanto una benedizione del feretro prima della tumulazione. Un feretro giunto già sigillato. Per una donna così religiosa come era mia madre, non aver celebrato il funerale ha aggiunto dolore a un dolore già immenso».