Contraffazione a Molfetta: come riconoscere i capi d’abbigliamento taroccati?

I due sequestri, operati in città dalla Guardia di Finanza, di 853 pezzi tra capi d’abbigliamento ed etichette recanti marchi di note griffe internazionali (leggi qui) e di 289 capi di abbigliamento contraffatti di note griffe (leggi qui) riporta d’attualità il tema della lotta alla contraffazione.

Il fenomeno della contraffazione si presenta come un insieme complesso di violazioni a norme, leggi, regolamenti e di sfruttamento commerciale di prodotti di diverso tipo, mentre il tema della lotta è uno strumento a tutela della nostra economia e del legittimo affidamento di cittadini e consumatori che hanno il diritto (ma anche il dovere) di acquistare capi originali e prodotti nel pieno rispetto delle regole e della legalità.

Si tratta di un argomento al quale l’Unione Nazionale Consumatori, attraverso le sue varie articolazioni territoriali, dedica da molti anni la massima attenzione con campagne di sensibilizzazione e di informazione in tutta Italia, come ad esempio l’iniziativa “Io sono originale”, realizzata e finanziata in collaborazione con il Ministero per lo Sviluppo Economico (per informazioni sul progetto: http://www.facebook.com/iosonoriginale).

​«La contraffazione, infatti – spiega l’avvocato Antonio Calvani, responsabile della Delegazione di Molfetta -, rappresenta una costante minaccia per l’economia, per la società, per il portafoglio e per la salute dei consumatori. Essa, infatti, non costituisce soltanto un danno per le aziende italiane e, quindi per lo sviluppo del nostro Paese, ma può essere dannosa anche per i consumatori.

Scarpe, borse, portafogli, cinture contraffatte sono realizzate, spesso in paesi extra UE, con pellami di pessima qualità, che sono spesso difettosi nell’uso, ma possono anche contenere sostanze chimiche (azocoloranti e conservanti organoclorurati) che nelle produzioni italiane ed europee non sono più presenti da anni per restrizioni normative.

Chi acquista questi prodotti consapevolmente (per risparmiare o semplicemente per avere un capo quasi uguale all’originale) spesso ignora il rischio di dermatiti, allergie e disturbi respiratori. Alle volte però, l’acquisto del “tarocco” avviene inconsapevolmente, pagandolo persino ad una cifra solo di poco inferiore a quella dell’originale.

In questi casi può essere molto utile leggere l’etichetta che, ricordiamo, deve avere indicazioni chiare delle tappe percorse dal prodotto nelle varie fasi produttive. In particolare, secondo il Regolamento Europeo 1007/2011 un’ etichetta di composizione fibrosa deve riportare:

  • La ragione sociale o il marchio registrato dell’azienda che ha immesso sul mercato il prodotto;
  • Il nome per esteso delle fibre tessili che compongono il prodotto stesso (non devono essere utilizzate sigle o abbreviazioni);
  • Deve indicare la presenza di “parti non tessili di origine animale”;
  • Deve essere scritta in lingua italiana in modo chiaro e ben leggibile;​
  • Può non essere presente su prodotti che non siano costituti almeno per l’80% in peso da fibre tessili;
  • Può riportare il termine “puro” o “tutto” se il prodotto tessile è composto interamente da una sola fibra. La tolleranza di altre fibre all’interno dei prodotti definiti al 100% di un’unica fibra o con la dicitura “puro” è equivalente al 2% del peso del prodotto;
  • Deve specificare la percentuale di tutte le fibre presenti, fatte salve le tolleranze e i criteri d’uso della dicitura “altre fibre”.

Il consiglio, pertanto, per evitare brutte sorprese è quello di acquistare i capi di abbigliamento da rivenditori affidabili e autorizzati, controllare bene le etichette e diffidare da prodotti con prezzi troppo convenienti, perché in tal caso – conclude Antonio Calvani – difficilmente si tratta di prodotti originali​».

fonte: Nicola Miccione – www.molfettaviva.it

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