di Roberta Carlucci (www.laltramolfetta.it/…)
Domenica alle ore 11 il Comitato Cittadino per la Sicurezza e la Legalità, costituitosi circa un mese fa a Molfetta dopo i reiterati episodi di incendi verificatisi in città, ha messo in piedi un sit-in a Corso Umberto, altezza Liceo Classico, per denunciare pubblicamente gli episodi incendiari ma anche la strisciante illegalità che permea la vita cittadina da tempo.
Matteo d’Ingeo, nelle vesti di “soldato semplice” del Comitato e non di coordinatore del Liberatorio Politico, ha parlato a lungo in un megafono descrivendo la situazione che il Comitato stesso intendeva denunciare ai passanti. Nel contempo, gli altri membri del Comitato che affollavano il gazebo allestito per l’occasione, hanno distribuito dei volantini in cui si descrive la storia degli incendi negli ultimi anni a Molfetta, una storia che loro stessi hanno provato a circostanziare meglio con una mappa dei vari episodi, configurata con l’aiuto di Google maps e, soprattutto, di tutti coloro che ricordassero di aver assistito a qualche incendio.
La parte più significativa del volantino recita così: “Diamo i numeri? Dal 6 febbraio 2008 al primo ottobre 2010: 35 episodi delittuosi, 5 bombe carta, 17 incendi di autovetture, 43 i mezzi andati distrutti dalle fiamme, 9 esercizi commerciali coinvolti in incendi ed esplosioni… e questi sono solo gli episodi denunciati e riportati dalla stampa!”
Una prima distribuzione del volantino era stata già operata dal Comitato venerdì scorso nelle strade in cui sono avvenuti i più recenti incendi, dove probabilmente i cittadini sono ancora molto sensibili all’argomento. Non è certo confortante sapere che se si lascia la propria auto per strada il mattino dopo potrebbe essere ridotta a uno scheletro di lamiere, magari anche solo per estensione del fuoco che è stato appiccato alla vettura accanto. E ancor più raccapricciante è l’ormai vecchia solfa dell’incendio causato da un cortocircuito, bugia bianca utile per far ottenere un risarcimento ai proprietari da parte delle assicurazioni. Questo vorrebbe dire che tante auto escono dalle più svariate concessionarie con qualche strano difetto di fabbrica che improvvisamente si manifesta anche dopo anni. Difficile a credersi.
La gente comune, un po’ per creduloneria, un po’ perchè forse non vuole neanche pensare concretamente all’ipotesi di tanti incendi dolosi, in una città come Bitonto, altro teatro di simili frequenti episodi fatti passare per cortocircuiti (almeno un paio accertati negli ultimi quindici giorni, di cui l’ultimo stanotte che ha visto coivolte cinque autovetture in vari luoghi della città), ormai arriva ad affermare che sia stata la pioggia, bagnando il motore, ad aver causato nella notte il cortocircuito. Questo vorrebbe dire che mentre si guida fuori città sotto la pioggia battente, improvvisamente la macchina potrebbe incendiarsi? Ma chi può credere a una simile sciocchezza?
E’ comprensibile che alcuni dei proprietari delle auto incendiate non siano nelle condizioni economiche alle volte di ricomprarsi un’aut,o per cui si sentono in diritto di non denunciare l’episodio come doloso e far passare la cosa come un cortocircuito per ottenere i rimborsi delle assicurazioni. Anche se questo porta a far passare in sordina certi episodi. Invece bisognerebbe denunciare, perchè la legalità e la sicurezza del tessuto sociale la fanno anche i cittadini. Troppo comodo accettare supinamente le scelte di chi amministra la cosa pubblica, demandando tutto agli scranni di qualsivoglia consiglio, da quello comunale fino a quello dei Ministri. La cittadinanza deve essere attiva, altrimenti poi non è un caso, non solo per colpa “loro” ma anche un po’ colpa “nostra”, se, come ricordato dallo stesso Matteo d’Ingeo nel discorso di domenica, viene approvato un piano del commercio che sostanzialmente ratifica l’inaccettabile status quo e consegna le chiavi della città in mano a chi la deturpa, la abbruttisce, oppure se senza troppa difficoltà arrivano infiltrazioni dei clan baresi, come denunciato in un rapporto della D.I.A.
Ad onor del vero, c’è da dire che i passanti, domenica, prendevano i volantini, forse li leggevano, molti li conservavano in mano stropicciati, ma di sicuro correvano subito a proseguire il loro sacrosanto struscio domenical;, in pochi si son fermati ad ascoltare con attenzione. Questo tasta il polso del cittadino medio e la dice lunga sulla narcosi generale che sembra essere ancora un mal comune. E tale patologia sociale di gaudio non può darne neanche mezzo.