Il Comitato Bonifica Molfetta dice no alle trivellazioni e si alla bonifica del basso Adriatico

 

Dott. Gian Luca Galletti 
Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare,
[email protected]
Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare
Via Cristoforo Colombo 44
00147 Roma
                                                                                                                                                             Dott. Mariano Grillo
Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali – Divisione II Sistemi di Valutazione Ambientale
 Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare
Via Cristoforo Colombo 44
          00147 Roma
 [email protected]
Responsabile dei procedimenti
Dott.ssa Carmela Bilanzone
[email protected]
Oggetto: Osservazioni all’istanza per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto di: “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare” – Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’area dell’istanza di permesso di ricerca in mare; il progetto è localizzato nel bacino dell’Adriatico meridionale, all’interno dell’area marina “F”, al largo delle coste pugliesi e comprende le sottozone, d80 F.R-.GP ; d81 F.R-. GP ; d82  F.R-.GP ;  d83  F.R-.GP. Richiesta di rigetto del progetto.
 
ll “Comitato cittadino per la Bonifica marina a tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre”, di seguito denominato Comitato Bonifica Molfetta (CBM), registrato il 3 Aprile 2014 con il n. 8987/3, con sede in Via F.Campanella, 50, Molfetta (Ba), avendo come finalità statutaria “la tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre”, espone quanto segue.
Premesso che,
il Dirigente Settore Territorio del Comune di Molfetta, con avviso pubblico n. 40446 del 19 giugno 2014 informava che la Società Global Petroleum Limited, con sede legale in Toowong Tower Level 5, 9 Sherwood Road, Toowong QLD 4066, Australia, aveva inviato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ai sensi dell’art. 23 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., l’istanza per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto di: “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare” – Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’area dell’istanza di permesso di ricerca in mare; il progetto è localizzato nel bacino dell’Adriatico meridionale, all’interno dell’area marina “F”, al largo delle coste pugliesi e comprende le sottozone, d80 F.R-.GP ; d81 F.R-. GP ; d82  F.R-.GPd83  F.R-.GP;

la sottozonad80 F.R-.GP, ricopre una superficie di 742 Km2. Il punto più a nord dista 56,7 miglia nautiche da Vieste, il punto più a sud 36,7 miglia nautiche da Monopoli, mentre il punto più vicino alla costa è il vertice sud-occidentale dell’area, che dista oltre 34 miglia nautiche dalle coste pugliesi (34,6 miglia nautiche da Mola di Bari); per quanto riguarda l’indagine geofisica 2D, il progetto prevede l’acquisizione di un totale di circa 265 km di linee sismiche utilizzando la tecnologia air-gun; per l’eventuale indagine 3D, è prevista l’acquisizione con la tecnologia air-gun su un’area di circa 50 km2; obiettivo principale del progetto è l’individuazione di nuove riserve di giacimenti offshore ed una eventuale successiva fase di sfruttamento degli stessi;

la sottozonad81 F.R-.GP”, ricopre una superficie di 744,7 Km2. Il punto più a nord dista 69,9 miglia nautiche da Vieste, il punto più a sud 42,1 miglia nautiche da Brindisi, mentre il punto più vicino alla costa è il vertice sud-occidentale dell’area, che dista oltre 34 miglia nautiche dalle coste pugliesi (34,5 miglia nautiche da Monopoli); per quanto riguarda l’indagine geofisica 2D, il progetto prevede l’acquisizione di un totale di circa 235 km di linee sismiche utilizzando la tecnologia air-gun; per l’eventuale indagine 3D, è prevista l’acquisizione con la tecnologia air-gun su un’area di circa 50 km2; obiettivo principale del progetto è l’individuazione di nuove riserve di giacimenti offshore ed una eventuale successiva fase di sfruttamento degli stessi;

la sottozonad82 F.R-.GP”, ricopre una superficie di 745,9 Km2. Il punto più a nord dista 49,6 miglia nautiche da Vieste, il punto più a sud 28,8 miglia nautiche da Bari, mentre il punto più vicino alla costa è il vertice sud-occidentale dell’area, che dista oltre 27 miglia nautiche dalle coste pugliesi (27,3 miglia nautiche da Mola di Bari); per quanto riguarda l’indagine geofisica 2D, il progetto prevede l’acquisizione di un totale di circa 280 km di linee sismiche utilizzando la tecnologia air-gun; per l’eventuale indagine 3D, è prevista l’acquisizione con la tecnologia air-gun su un’area di circa 100 km2; obiettivo principale del progetto è l’individuazione di nuove riserve di giacimenti offshore ed una eventuale successiva fase di sfruttamento degli stessi;

la sottozonad83 F.R-.GP”, ricopre una superficie di 742,6 Km2; Il punto più a nord dista 49,6 miglia nautiche da Vieste, il punto più a sud 36 miglia nautiche da Brindisi, mentre il punto più vicino alla costa è il vertice sud-occidentale dell’area, che dista 35,9 miglia nautiche dalle coste pugliesi (Brindisi); per quanto riguarda l’indagine geofisica 2D, il progetto prevede l’acquisizione di un totale di circa 265 km di linee sismiche utilizzando la tecnologia air-gun; per l’eventuale indagine 3D, è prevista l’acquisizione con la tecnologia air-gun su un’area di circa 100 km2; obiettivo principale del progetto è l’individuazione di nuove riserve di giacimenti offshore ed una eventuale successiva fase di sfruttamento degli stessi;

considerato che,
al termine della seconda guerra mondiale in violazione della Convenzione di Ginevra gli alleati angloamericani, hanno scaricato sui bassi fondali e al largo del basso Adriatico tra Manfredonia e Otranto, migliaia di ordigni caricati con aggressivi chimici, in particolare iprite, fosforo e cloruro di benzene, vietati dalle convenzioni internazionali;
in questo gigantesco cimitero molti involucri delle bombe proibite, che risultano in gran parte deteriorati dall’azione corrosiva del mare,  sono già nocivi all’ecosistema marino e pericolosi per gli operatori della pesca; il progetto RED COD (Research on Environmental Damage caused by Chemical Ordnance Dumped at Sea – contratto numero B4 – 3070/2003/3686585/SUB/D.3) con cui la Commissione europea ha co-finanziato l’approfondimento delle ricerche sul tema che l’ICRAM (oggi ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e avviato nel 1997 su alcune aree campione, ha individuato ben 20 mila ordigni in quattro aree campione; in realtà, si stima che le bombe proibite inabissate siano circa 1 milione;
nel 2012 – in risposta all’interrogazione numero 4/15092 posta dall’On. Ermete Realacci  il ministro della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola, tra le altre cose, ha precisato che:
…“ Si soggiunge, in ultimo, che l’istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (Ispra) ha chiarito che la bonifica delle cosiddette «aree di affondamento» di ordigni costituisce una problematica di difficile soluzione per motivi di carattere sia tecnico che economico, in quanto:
– l’affondamento di residuati bellici, dopo il secondo conflitto mondiale – così come in altre parti del mondo – è spesso avvenuto, per minimizzare i costi, in fondali non ufficialmente segnalati e non in quelli prescritti;
– l’attività della pesca a strascico, protrattasi nei decenni, ha determinato una consistente estensione delle aree «a rischio», poiché, a seguito di eventi di raccolta accidentale, i residuati bellici sono stati successivamente riaffondati in aree prima sgombre
i residuati bellici a caricamento chimico si trovano in uno stato di conservazione pessimo, a seguito della prolungata azione della corrosione marina; ciò determina ulteriori difficoltà di rimozione ed elevati rischi per gli operatori, oltre a richiedere l’impiego di mezzi tecnologicamente avanzati, con conseguente aumento dei costi;
– l’ISPRA ha, inoltre, specificato che, fra le iniziative volte a minimizzare il rischio per gli ambienti marini e per chi opera in mare, potrebbe essere presa in considerazione la costituzione di un gruppo di esperti ad hoc, con il compito di stabilire priorità e modalità di intervento (prospezione, indagini ambientali e bonifica necessaria) per affrontare la complessa problematica; 
in conclusione, nel ribadire che la ricerca e la neutralizzazione su terra e in mare di ordigni esplosivi rientrano nelle attività di tipo concorsuale – che esulano dai compiti prioritari delle Forze armate e sono condotte su richiesta dei Dicasteri/Autorità competenti (sui quali ricadono gli oneri di spesa) – si conferma la disponibilità della Difesa a valutare con la massima attenzione le richieste di intervento…”;
la maggior parte delle bombe caricate all’iprite, o di altra sostanza chimica, provengono dalle stive delle 17 navi affondate nel porto di Bari durante il bombardamento tedesco del 2 dicembre 1943; la nave americana John Harvey, aveva la stiva ancora piena di “bombe all’iprite” (ciascuna bomba, conteneva circa 30 kg. di iprite, un gas tossico e vescicante, dal caratteristico odore di aglio; con otto bombe si poteva contaminare completamente oltre un ettaro di terreno); le navi americane avevano nelle stive contenitori e bombe all’iprite messi fuori legge dalla convenzione di Ginevra del 1925; durante le operazioni di recupero degli ordigni si accertò che più navi statunitensi, giunte nel porto di Bari, avevano nelle stive armi caricate con altri aggressivi chimici: acido clorosolforico, cloropicrina, cloruro di cianogeno; le operazioni di bonifica del porto iniziarono nel 1947 e si protrassero per alcuni anni; per dare un’idea della quantità immane dei vari ordigni recuperati, è sufficiente leggere i rapporti che settimanalmente venivano inviati ai diversi Ministeri interessati ed alla Prefettura; da questi risulta che i soli ordigni chimici caricati ad iprite assommarono a ben 15.551 bombe d’aereo e 2.533 casse di munizioni (ovviamente il quantitativo di munizionamento ordinario recuperato fu di gran lunga superiore); le operazioni consistevano nel recupero dei vari ordigni, dai fondali del porto, e nel loro caricamento su appositi zatteroni e successivamente apposite ditte civili trasportavano al largo questi zatteroni e ne affondavano il carico su fondali del nord barese fino a 25 miglia e alla profondità tra 800 e 1000 metri;
–  durante la fine degli anni ’90, durante il conflitto in Kosovo, fu diffusa dalla Capitaneria di Porto di Molfetta una mappa che indicava alcune delle undici zone di rilascio dei caccia bombardieri NATO ( Allegato n.1 ); la mappa fu utilizzata nel 2001, in tutta la Puglia, dalla Legambiente per la campagna pacifista “Via le bombe da un mare di pace”, per la bonifica dei fondali del basso Adriatico;

 

Allegato n.1

che il 28 dicembre 2001, con la legge Finanziaria 448, art.52, comma 59, fu varato l’accordo di programma per la definizione del “Piano di risanamento del basso Adriatico”, destinando la somma di € 5milioni di euro a valere sui fondi della Legge 426/1998. Con Decreto del 10 Marzo 2006, i Ministeri dell’Economia e dell’Ambiente individuavano la Regione Puglia quale unica regione interessata alla realizzazione del “Piano di Risanamento del Basso Adriatico” di cui all’art. 52, comma 59 della L. 448/01.. Con Deliberazione n. 166 del 17 febbraio 2009, la Giunta della Regione Puglia approvava l’accordo di programma e individuava come aree d’intervento della prima fase di bonifica, quelle comprese tra il faro di Vieste e Capo d’Otranto ed in particolare il Porto Vecchio di Manfredonia, Porto di Molfetta, Porto nuovo di Bari, area costiera di Torre Gavetone ed isolotto di Sant’Emiliano;
con la Del. n. 2884 del 20 dicembre 2011 la Regione Puglia rimodula l’accordo di Programma e destina l’intera somma di 5milioni di euro (Articolo 52, comma 59, Legge Finanziaria 28 Dicembre 2001, n. 448) alla bonifica del Porto di Molfetta ed allo specchio d’acqua antistante Torre Gavetone ( tra Molfetta e Giovinazzo);
la bonifica ad oggi è bloccata per il sequestro del cantiere portuale di Molfetta in seguito ad un’indagine della Procura di Trani, “Operazione D’Artagnan”, che ha portato all’arresto di due persone ed altre 60 indagate (si leggano le Ordinanze della Capitaneria di Porto di Molffetta n. 3/2011, n. 62/2013 e n.23/2014 in cui si indicano le coordinate degli ordigni sotto costa);
–  la nave cisterna per prodotti chimici, ALESSANDRO I (video), varata nel 1983, battente bandiera italiana e proprietà del gruppo “Trasmare”, affondò il primo febbraio 1991 a 5 km al largo di Molfetta e Bisceglie, con un carico di 3.550 tonnellate di fusti con rifiuti tossici (dicloretano e acrilonitrile) prodotti dall’Enichem, di cui solo alcuni furono recuperati dopo l’incidente;
tenuto conto che,
il programma di lavori presentato dalla Società Global Petroleum Limited prevede una serie di prospezioni geofisiche con sorgente  di  energia che emette onde elastiche e una serie  di  sensori,  detti  idrofoni,  che  ricevono  le  onde  riflesse; le onde elastiche sono ottenute   con diverse tecnologie  che fanno uso di sorgenti  artificiali  differenti: ad acqua WATER-GUN (frequenza   utilizzata 20-1500Hz) costituito da un cannone ad aria compressa che espelle ad  alta  velocità  un  getto che per inerzia crea una cavità che implode e genera un segnale  acustico;  ad   aria   compressa:   AIR-GUN (frequenza utilizzata 100-1500Hz) costituita da   due   camere   cilindriche   chiuse   da   due   pistoni (pistone di innesco e di scoppio)   rigidamente   connessi   ad   un   cilindro   provvisto   di   orifizio   assiale   che   libera   in   mare,   istantaneamente,   aria   ad   una   pressione,   compresa  tra  150  e  400  atmosfere  (ad  oggi  il  sistema  maggiormente  utilizzato);
le  attività  di  perforazione  sono  strettamente  legate  ai  risultati  delle  indagini  sismiche  e   verranno svolte, eventualmente, in  acque profonde da  1060  a  1140  metri,  pertanto,  si  prevede  di  utilizzare  una  piattaforma  semisommergibile per la  perforazione  di  un  pozzo  esplorativo e poi quelle di sviluppo del pozzo;
 – le prospezioni geofisiche che si vorrebbe condurre con tecniche Air-Gun (e simili), le future trivellazioni di pozzi provvisori e definitivi, non sono mai state messe in correlazione con le migliaia di ordigni bellici affondati nelle 4 sottozone di cui si chiede l’indagine e nelle altre zone confinanti anche di parecchie miglia; non sono stati valutati, dalla società richiedente, i possibili effetti sinergici e cumulativi sugli ordigni bellici a caricamento chimico, sia delle onde sismiche prodotte dalle ispezioni con air-gun che dalle perforazioni;
in tutti i progetti per le quattro zone d’indagine si parla delle possibili opere di mitigazione delle Aree   Marine   Protette,   delle   Zone   di   Ripopolamento   e   le   Zone   Marine   di   Tutela   Biologica,  dei  siti  sensibili  di  Rete  Natura  2000,  dei SIC, delle  zone  marine  e  costiere  interessate  da  “Important  Bird  Areas”, ma non è stata scritta una sola parola sulla vasta aerea che spesso è sovrapposta, o confinante, alle quattro zone d80 F.R-.GP, d81 F.R-.GP, d82 F.R-.GP,  d83  F.R-.GP, rappresentata dalle zone di affondamento di ordigni bellici indicata nelle mappe militari, nautiche e le stesse fornite dalla Società Global Petroleum Limited e indicate chiaramente con la dicitura “ ORDIGNI INESPLOSI ”; anzi diremo che la società ha ignorato il problema più grave, e significativo, che potrebbe interferire con le indagini geofisiche e perforazioni nel basso adriatico con possibili disastri ambientali e pericolosi per la salvaguardia dell’ecosistema e della salute pubblica ( All. n. 2-3-4-5);
per quanto osservato, il C.B.M. di Molfetta chiede alle SS.VV. di rigettare le istanze della Società Global Petroleum Limited, per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale dei progetti di: “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare” – Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’area dell’istanza di permesso di ricerca in mare; il progetto è localizzato nel bacino dell’Adriatico meridionale, all’interno dell’area marina “F”, al largo delle coste pugliesi e comprende le sottozone, d80 F.R-.GP ; d81 F.R-. GP ; d82  F.R-.GP;  d83  F.R-.GP.
Tale richiesta di rigetto si fonda sulla mancanza di una qualsiasi proposta di mappatura, prospezione e georeferenziazione degli ordigni inesplosi presenti in una vastissima area sovrapposta o confinante, non solo con le zone d’indagine interessate alle odierne richieste, ma anche di altre sotto costa. Ricordando ancora le parole del Ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola che:i residuati bellici a caricamento chimico si trovano in uno stato di conservazione pessimo, a seguito della prolungata azione della corrosione marina; ciò determina ulteriori difficoltà di rimozione ed elevati rischi per gli operatori, oltre a richiedere l’impiego di mezzi tecnologicamente avanzati, con conseguente aumento dei costi”; lasciamo immaginare cosa accadrebbe se pur una sola bomba caricata ad iprite, o altra sostanza chimica, fosse casualmente incrociata da una trivella o dall’azione di un potente air-gun. Purtroppo non parliamo di una sola bomba ma di migliaia di bombe sparse a macchia di leopardo, dalla costa fino a 40 miglia al largo, e dal faro di Vieste ad Otranto ( Allegato n. 6 ).
In conseguenza di quanto sopra elencato, ai sensi dell’articolo 20 comma 3 e dell’articolo 24, comma 1,2,3,4 del Decreto Legislativo 152/2006, che consente a ogni cittadino italiano di presentare in forma scritta le proprie osservazioni sui progetti sottoposti a Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) e ai sensi della Convenzione di Aarhus, recepita anche dall’Italia, la quale afferma che le popolazioni hanno il diritto di esprimere la propria opinione su proposte ad alto impatto ambientale e che l’opinione dei cittadini deve essere vincolante,
CHIEDE
che le sopra descritte “osservazioni” vengano considerate (artt. 24, commi 4° e 5°, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i., 3 della legge n. 241/1990 e s.m.i.) nell’ambito del presente procedimento di valutazione di impatto ambientale – V.I.A.;
• che il provvedimento conclusivo del procedimento di V.I.A. dichiari l’incompatibilità ambientale dei progetti proposti ai sensi dell’art. 26 del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni a causa dell’insostenibilità degli impatti sull’ecosistema, sulla salute pubblica e sulla fauna marina e in applicazione del fondamentale principio di precauzione (artt. 174 Trattato U.E., 3 ter del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.);

 

Molfetta, 28.07.2014
per il Comitato Bonifica Molfetta
               Matteo d’Ingeo

 

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