Comincia a chiudersi il cerchio sulla “società” che organizzò il concerto di N. D’Angelo, costato la vita al sindaco Carnicella

Due attività commerciali – un bar sul lungomare (l’ex White Caffè, ex Mirador, ex Moulin Rouge)  e un’impresa attiva nella vendita di prodotti ortofrutticoli, ubicata all’interno del mercato ex Mattatoio – e sette rapporti finanziari sono stati confiscati a Molfetta dai finanzieri del Nucleo Polizia tributaria di Bari e del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata su disposizione del Tribunale di Bari, III Sezione Misure di Prevenzione, (Presidente Dott.ssa Francesca La Malfa, Giudici Dott. Battista e Dott. De Palma), su proposta del Procuratore della Repubblica di Bari, in applicazione della normativa antimafia contenuta nel D.Lgs 159/2011.

La confisca, del valore complessivo di 4,2 milioni, ha riguardato il patrimonio degli eredi (la moglie, Vista Rosalba e i figli, Vito e Maria Fiore) di Alfredo Fiore, pregiudicato ucciso in un agguato a Molfetta il 13 marzo 2014.Si tratta – spiega una nota della Guardia di Finanza che dà notizia dell’operazione – del primo caso di applicazione a Bari del disposto normativo contenuto nel comma terzo dell’art. 18 del codice antimafia, che consente appunto di avviare il procedimento anche nel caso di morte del soggetto proposto per l’applicazione delle misure di prevenzione. In questo caso, infatti, la misura di prevenzione può essere disposta nei confronti degli eredi entro il termine di cinque anni dal decesso”. Obiettivo del sequestro, in casi simili, è quello di “sottrarre definitivamente il bene, già nella disponibilità del soggetto socialmente pericoloso, dal circuito economico originario, per inserirlo in un altro esente da condizionamenti criminali“.

Sulla pericolosità sociale di Alfredo Fiore si era già espressa l’Autorità Giudiziaria con provvedimento antimafia di cui alla comunicazione della Prefettura di Bari n. 1100/12b1 del 14/6/95  con la misura della sorveglianza speciale. La Guardia di Finanza ricostruisce il “curriculum criminale” del defunto boss di Molfetta, che conta “una lunga lista di precedenti penali e di polizia a partire dal 1983 per danneggiamento, oltraggio, fabbricazione e detenzione di materiale esplodente, furto, minaccia, porto e detenzione illegale di armi, violazione delle misure di prevenzione, rissa e associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti”, ritenendo che “lo stesso, fino alla data in cui è stato vittima di omicidio, abbia tratto i mezzi per vivere in maniera pressoché esclusiva dalle condotte delittuose allo stesso ascrivibili“. L’ultimo episodio, qualche mese prima del suo assassinio,  un attentato dinamitardo posto in essere nella notte del 1 gennaio del 2014 a danno di un esercizio commerciale in Via Rattazzi di Molfetta.

In particolare, “ le indagini eseguite dagli specialisti del G.I.C.O., che sono consistite nella valorizzazione in chiave patrimoniale di elementi acquisiti nelle indagini penali, nonché nell’esame, nel confronto e nell’intreccio di informazioni estratte dalle diverse banche dati in uso alla Guardia di Finanza (es. Anagrafe Tributaria, Anagrafe dei rapporti finanziari e applicativo Molecola dello S.C.I.C.O.) – è spiegato nella nota – hanno permesso di verificare l’assoluta sproporzione tra i beni nella disponibilità del pregiudicato defunto e la capacità economica del suo nucleo familiare. Nello specifico, gli accertamenti hanno portato a dimostrare che il nucleo familiare del Fiore, nell’ultimo quinquennio, a fronte di disponibilità lecite per poco più di € 125.000 aveva sostenuto spese ed investimenti per circa € 250.000”.

In attesa di ulteriori confische, comincia a chiudersi il cerchio sulla “società” che organizzò il concerto di N. D’Angelo, costato la vita al sindaco Gianni Carnicella. Quella “società” di cui facevano parte l’assassino di Carnicella, Cristoforo Brattoli e due suoi fratelli, un tale Nino Spezzacatena, De Robertis Paolo, Fiore Alfredo, Racanati Tommaso, Magarelli Damiano, Fiore Cosimo e Petruzzella Saverio.

 

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