Colpo alla Sacra Corona Unita, 28 arresti. "Così agisce e uccide la mafia di Puglia"

192606278-0878c465-50f2-41ca-adee-c2b5fc372f42di SONIA GIOIA –  bari.repubblica.it

"La più importante operazione di polizia messa a segno negli ultimi dieci anni", con queste parole il questore di Brindisi Vincenzo Carella ha commentato la maxi retata che ha portato al fermo di ventotto indagati per associazione a delinquere di stampo mafioso. Nove dei provvedimenti, ad altrettanti capi storici della mafia brindisina che aveva riannodato le fila tenendo sotto scacco il territorio, sono stati notificati in carcere. Tredici sono gli affiliati a piede libero arrestati, mentre altre sei sono ancora latitanti. Sono state le dichiarazioni del pentito Ercole Penna, 36 anni, a permettere il giro di vite delle indagini su vecchi e nuovi fatti di sangue. Il nome di Penna, detto Linu lu biondo, è una delle costole del quadrumvirato costituito da Massimo Pasimeni, Antonio Vitale e Daniele Vicientino a cui si attribuisce la rifondazione della quarta mafia salentina, nata sotto le insegne di Sacra corona libera dalle ceneri della Sacra corona unita, dopo la decapitazione del clan fondato da Pino Rogoli. Il collaboratore di giustizia ha svelato l'esistenza di due gruppi di fuoco l'uno contro l'altro armati per il controllo del territorio, antefatto che potrebbe spiegare da qui a breve i retroscena degli ultimi fatti di sangue a Francavilla Fontana, tre omicidi in tre mesi. Delitti per i quali si è tenuto nella Città degli Imperiali un vertice antimafia cui hanno partecipato il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, il procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia Cataldo Motta, il direttore della Direzione centrale anticrimine, Francesco Gratteri, e il vicecapo della polizia e direttore centrale della polizia criminale, Francesco Cirillo.

Il caso Ganzer al vertice antimafia 
All'incontro era atteso anche il comandante dei Ros, Gianpaolo Ganzer, condannato a 14 anni per traffico internazionale di droga e che, dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, ha disertato l'appuntamento. "E' un ufficiale dei carabinieri di straordinario valore – ha detto in proposito Mantovano – a cui tutti gli italiani dovrebbero essere grati per il lavoro che fino a questo momento ha svolto con risultati che sono sotto gli occhi di tutti". "Io sono certo – ha aggiunto – che quello che è accaduto nel giudizio a cui è stato sottoposto non sarà l'ultima parola che riguarderà la sua figura. Vi è stata, nel giudizio in cui è stato imputato, una lettura in chiave criminale di attività sotto copertura che sono sempre 'border line'. Spiace constatare che siano state lette in questo modo". A Mantovano è stato anche chiesto se Ganzer potrà restare al suo posto. "Questa – ha risposto – non è una scelta che dipende dalla mia opinione. Io posso esprimere soltanto un auspicio sulla base del grande valore dell'ufficiale e dei risultati che ha raggiunto".

Il memoriale del pentito: "La mafia si autorigenera continuamente"

Il collaboratore di giustizia dalla cui rivelazione sono partite le indagini e scaturiti gli arresti, ha cominciato a parlare il 9 novembre scorso, alla vigilia della sentenza che sembrava avere chiuso il capitolo giudiziario inaugurato con la operazione Mediana, che nel 2001 portò all'arresto di 167 persone. Penna è stato condannato con sentenza definitiva a tredici anni di carcere per 416 bis quattro giorni dopo. Dal carcere di Monza dove era già recluso ha chiesto di incontrare il procuratore Motta, dando la stura a racconti che vanno dall'inizio del nuovo millennio fino ai giorni nostri. Il pentito, già sottoposto a programma di protezione, ha scritto di suo pugno, un memoriale di 42 pagine, ricordi affidati ad un taccuino che promettono di riscrivere la storia della mafia pugliese in generale e salentina in particolare. A cominciare da un omicidio, quello di Ezio Pasimeni avvenuto l'8 giugno 1998, di cui Lu biondu oggi si autoaccusa, delitto per il quale era stato assolto in primo e secondo grado. Le memorie di Penna, confermate da altri quattro pentiti, confermano la tesi di Motta, ribadita a caldo del blitz: "La criminalità è eternamente capace di autorigenerarsi, e non esiste operazione di polizia che possa debellare del tutto i fenomeni mafiosi".

La guerra tra clan 
Secondo le rivelazioni dell'ultimo collaboratore di giustizia, il territorio di Brindisi e provincia era controllato da due clan, il primo dei quali non ha mai reciso definitivamente i legami con Rogoli, detenuto in 41 bis, che fanno capo Salvatore Buccarella e Francesco Campana, operativo su Brindisi città e Tuturano. Il gruppo rivale faceva capo invece ai sodali di sempre di Ercole Penna, i mesagnesi Antonio Vitale e Massimo Pasimeni. Ciascuno dei due contava sul sostegno di capi zona attivi nelle città di tutta la provincia, Villa Castelli, Cellino San Marco, Latiano, Torre Santa Susanna, Mesagne e naturalmente Francavilla Fontana. Gli ultimi delitti, costellati da attentanti dinamitardi, estorsioni ai danni degli esercizi commerciali, usura e traffico di stupefacenti, rientrano nelle logiche di spartizione del territorio dei due clan, contesa tuttora aperta. Come aperto resta il memoriale del pentito, che promette nuovi capitoli e nuove, sconcertanti rivelazioni.

Vecchi affari e nuove dinamiche 
"Da un po' di tempo evitiamo i rituali di affiliazione di persone che hanno disponibilità economiche per evitare che questo aspetto formale possa danneggiarli", dice Penna in una delle 42 pagine di memoriale, "io personalmente ritengo infatti antiquato e fuori tempo il rituale di affiliazione così come i movimenti di passaggio di grado". Il riferimento è a Giancarlo Capobianco, sodale ma non affiliato, ritenuto capozona di Francavilla Fontana, titolare di una società proprietaria di una catena di negozi per la vendita al dettaglio di articoli per la casa, in tutta la provincia, probabilmente attività di copertura per il riciclaggio del denaro, di cui Pasimeni e Penna erano soci occulti. Anche a San Michele Salentino, paese in cui a ottobre scorso, in un negozio di casalinghi che sarebbe stato inaugurato da lì a breve, è stato ucciso l'imprenditore 44enne Vincenzo Della Corte. Primo di tre omicidi commessi negli ultimi novanta giorni.

I 28 fermati sospettati di appartenere alla Scu

I destinatari dei provvedimenti di fermo di polizia giudiziaria sono, dunque, complessivamente 28. Di essi, 10 sono detenuti in carcere.
Si tratta di Martino Barletta (37 anni di Ceglie Messapica, ma residente a Villa Castelli),
Salvatore Buccarella (51 anni di Brindisi),
Sandro Campana (35 anni di Mesagne),
Domenico D’Agnano (42 anni di Carovigno, ma residente a San Pietro Vernotico),
Pasquale D’Errico (66 anni di Latiano),
Franco Locorotondo (36 anni di Mesagne),
Andrea Pagliara (26 anni di Mesagne),
Massimo Pasimeni (42 anni di Mesagne),
Raffaele Renna (31 anni di Mesagne, ma residente a San Pietro Vernotico) e
Antonio Vitale (42 anni di Mesagne).

La notifica del fermo è, invece, andata a buon fine nei confronti di 11 soggetti:
Lucio Annis (40 anni di San Pietro Vernotico),
Angelo Buccarella (32 anni di Mesagne, ma residente a Tuturano),
Antonia Caliandro (54 anni di Latiano, ma residente a Tuturano, moglie di Salvatore Buccarella),
Giancarlo Capobianco (47 anni di Francavilla Fontana),
Salvatore Capuano (41 anni di Francavilla Fontana),
Antonello Raffaele Gravina (42 anni di Mesagne),
Francesco Gravina (51 anni di Mesagne),
Benito Leo (51 anni di Brindisi),
Cosimo Leto (57 anni di Brindisi),
Cosimo Nigro (39 anni di Tuturano) e Elia Pati (35 anni di Mesagne, ma residente a Tuturano).

Dei sette che sono sfuggiti al fermo, due (Francesco Campana e Daniele Vicientino) sono latitanti da tempo, mentre cinque – Oronzo De Nitto (35enne di Mesagne), Vito Antonio D’Errico (42enne di Latiano), Antonio Centonze (42enne di Brindisi), Gaetano Leo (45enne di Francavilla) e Alessandro Monteforte (36enne di san Pietro) – erano già spariti al momento del blitz.

Il boss pentito inguaia la Scu

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