Caso Arata: Vito Nicastri parla con i pm, scatta il blitz. Arrestati un altro funzionario e un imprenditore

Da due settimane, l’imprenditore Vito Nicastri, il “re” dell’eolico vicino ai clan, parla con i magistrati della procura di Palermo che il 12 giugno l’avevano arrestato. Parla degli affari con Francesco Paolo Arata, l’ex consulente per l’energia del ministro Matteo Salvini, e di mazzette alla Regione siciliana. E stanotte è scattato un nuovo blitz della Dia di Trapani, con due arresti. Mentre si indaga su altri funzionari regionali pronti a intascare tangenti, pure di loro parla Nicastri.

In manette, è finito l’ex funzionario del’assessorato all’Energia Giacomo Causarano, accusato di aver favorito gli affari di Arata e di Nicastri. Arrestato anche un ex socio del “re” dell’eolico. Gli investigatori della Direzione investigativa antimafia hanno notificato due provvedimenti di arresti domiciliari: a Giacomo Causarano e all’imprenditore milanese Antonello Barbieri.

Al burocrate regionale viene contestata l’accusa di corruzione: secondo il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e il sostituto Gianluca De Leo avrebbe aggiustato e orientato alcune pratiche che stavano particolarmente a cuore alla coppia Arata Nicastri. In cambio gli era stata promessa una mazzetta da 500 mila euro, da dividere con il collega Alberto Tinnirello (già ai domiciliari dal 12 giugno):

Ecco il racconto di Nicastri: “A Causarano davo con cadenza quasi mensile somme di denaro in contante. Gli ho consegnato personalmente nei miei uffici circa 100 mila euro, in tranche da 10 mila, 12 mila euro, denaro che poi secondo quanto riferitomi da lui avrebbe dovuto consegnare a Tinnirello, una volta tornato in città”. Nicastri ha pure svelato la provenienza dei soldi per le mazzette. “Il denaro di volta in volta consegnato mi veniva fornito da Francesco Isca, in banconote da 50 e 100 euro”. Isca è un imprenditore trapanese indagato per associazione mafiosa, i pentiti raccontano che veniva finanziato dalla cosche di Calatafimi. Il “re” dell’eolico ha precisato: “Ricordo che in alcune occasioni Isca portò banconote da 500 euro, ma Causarano mi disse che non erano gradite a Tinnirello e dunque fu ridotta la pezzatura”.

Centomila euro erano un antipo. Al momento della firma per il via libera degli impianti di biometano a Francofonte (Siracusa) e Calatafimi (Trapani) sarebbe arrivato il resto. Dice Nicastri: “I 400 mila euro rimanenti avremmo dovuti farli pervenire a Tinnirello attraverso un conto, per quello che ci ha riferito Causarano, acceso a Malta dove aveva credo interessi societari”.

L’imprenditore Barbieri deve invece difendersi dall’accusa di intestazione fittizia, autoriciclaggio e corruzione, le stesse accuse che tengono in carcere Arata e Nicastri. Anche questa seconda ordinanza di custodia cautelare è firmata dal gip Guglielmo Nicastro.

L’indagine

Dunque, ancora una svolta a sorpresa nell’inchiesta della procura di Palermo e della Dia di Trapani che sta svelando un intreccio fra politica e affari. Il 18 aprile, erano scattate alcune perquisizioni fra Trapani, Palermo e Roma, che avevano coinvolto pure l’allora sottosegretario ai Trasporti Armando Siri, indagato dalla procura della Capitale per corruzione: le intercettazioni hanno sorpreso Arata a parlare di una mazzetta da 30 mila euro per l’esponente politico della Lega. In ballo, c’era un emendamento che avrebbe dovuto aprire le maglie dei finanziamenti per il mini-eolico.

Poi, il 12 giugno, la procura di Palermo ha fatto scattare un blitz: in carcere sono finiti Arata, Nicastri e loro figli, Francesco e Manlio, tutti accusati di aver organizzato una società occulta per gestire gli affari dell’eolico e del biometano. E dopo il blitz, Nicastri ha deciso di parlare dei suoi affari, ma le dichiarazioni ai procuratori di Palermo sono ancora coperte da un rigido segreto istruttorio. Per i pm, Nicastri ha attualmente lo status di “dichiarante”, le sue confessioni sono al vaglio di magistrati e investigatori. I primi riscontri hanno portato al blitz di stanotte. E, intanto, Nicastri continua a parlare. C’è attesa per quello che potrebbe dire (o aver già detto) sulla mazzetta al sottosegretario Siri.

Le mazzette

Ai domiciliari era già finito Alberto Tinnirello, ex dirigente dell’assessorato regionale all’Energia, che sarebbe stato al soldo della spregiudicata coppia Arata-Nicastri: nella ricostruzione della procura, Tinnirello e Causarano operavano in tandem. Causarano sarebbe stato il tramite fra il “re” dell’eolico e il dirigente regionale.

I fedelissimi di Vito Nicastri e Francesco Paolo Arata si muovevano non solo per favorire le pratiche degli amici, ma anche per bloccare i concorrenti. Così, nel mirino di Tinnirello e di Causarano – dirigente e funzionario del Servizio Terzo, autorizzazioni e concessioni – era finito proprio Barbieri, che da qualche tempo era in contrasto con Nicastri per una questione economica. In quel momento,  la “Sun Power Sicilia” di Barbieri avrebbe dovuto iniziare i lavori per l’impianto fotovoltaico di Melilli e Carlentini, ma Causarano inviò alla ditta una lettera dai toni perentori, con cui chiedeva di produrre al più presto “gli atti attestanti la disponibilità dei terreni”. Era la condizione posta per ottenere il via libera ai lavori. Era soprattutto una mossa raffinata per provare a fare pressioni su Barbieri e farlo tornare sulla strada di Nicastri.
 
Gli indizi di questa storia sono nelle parole di Manlio Nicastri, che il 30 ottobre 2018 era andato all’assessorato di viale Campania per parlare con Causarano, e poi era arrivato Tinnirello: “Oggi, sono andato a sistemare la cosa delle turbine… poi sono passato da lì… s’è fermato Tinnirello nella sua stanza che doveva andare a una riunione… gli ha detto “Giacomo vedi che su quella lettera che hai scritto… è successo un casino, sono scesi tutti”, ci fa Tinnirello a Giacomo. E’ sceso De Luca, che è un ingegnere… Che fa parte dell’impianto, che ha buoni rapporti… e dice ha detto un altro nome tipo che è un segretario non so chi,.. e poi c’è il braccio destro di Musumeci (Nicastri ride – annotano gli investigatori della Dia) … dice altre due persone… cinque persone sono tutti incazzati, perché ha dato questi sette giorni”.
 
Barbieri non era stato con le mani in mano dopo la lettera-ricatto di Causarano. Scrive il gip Nicastro: “Secondo la ricostruzione degli indagati sarebbero stati immediatamente informati gli sponsor politici di Barbieri, che si sarebbero rivolti all’entourage del presidente della Regione Musumeci, che a sua volta avrebbe attivato i vertici dell’assessorato all’Energia, perché chiedessero spiegazioni a Tinnirello”.

Le amicizie politiche

Arata e Nicastri potevano contare su alcuni fedeli funzionari dell’assessorato all’Energia come Tinnirello e Barbieri,  sono indagati anche altri tre funzionari dell’assessorato al Territorio. Arata, poi, si era mosso anche politicamente, con Gianfranco Micciché (che era stato attivato da Alberto Dell’Utri, il fratello di Marcello, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa): il presidente dell’Assemblea regionale aveva sollecitato l’assessore regionale all’Energia Alberto Pierobon. Micciche e Pierobon non sono indagati, ma dalle intercettazioni emerge una grande disponibilità a ricevere e consigliare Arata.
Chi erano invece gli “sponsor politici” di Barbieri?

fonte: SALVO PALAZZOLO – palermo.repubblica.it

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