Buccanineer: E' giallo sul riscatto ai pirati per i marinai pugliesi

Tra i 16 membri complessivi di equipaggio che erano a bordo del rimorchiatore Buccaneer, sequestrato dai pirati nel Golfo di Aden l’11 aprile scorso, anche Ignazio Angione, direttore di macchina, iscritto alla Capitaneria di Porto di Molfetta (Bari) e Filomeno Troilo, cuoco, anch’egli iscritto alla Capitaneria di Porto di Molfetta

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BARI – Tra i 4 e i 5 milioni di dollari, questa la cifra che l’Italia avrebbe pagato per ottenere la liberazione del Buccaneer e del suo equipaggio (16 persone, 10 gli italiani di cui due pugliesi). A rivelare il "prezzo della libertà" sono stati gli stessi pirati (che com’è noto, si sono dotati pure di simil-portavoce e simil-ufficio stampa). Per la precisione, uno di loro avrebbe affermato: «Abbiamo preso un riscatto di quattro milioni e abbiamo liberato il rimorchiatore italiano che è già partito». Invece, Andrew Mwangura, coordinatore del gruppo marittimo regionale "East African Seafarers Assistance Programme" ha parlato di un riscatto di cinque milioni. «Ieri sera stavano contando i soldi» ha riferito.

Certo si tratta di soldi (pubblici) ben spesi, visto che l’incubo, durato quattro mesi, è finito e che i marinai – sequestrati dai pirati somali nel Golfo di Aden l’11 aprile scorso – sono liberi e stanno bene. Tra un paio di giorni, anche Ignazio Angione, direttore di macchina, iscritto alla Capitaneria di Porto di Molfetta (Bari) e Filomeno Troilo, cuoco, anch’egli iscritto alla Capitaneria di Porto di Molfetta, potranno tornare in Italia. Insomma, per Ferragosto saranno a casa.

La liberazione, ha annunciato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, è avvenuta ieri sera dopo che «i pirati si sono ritirati». Lo stesso Frattini, in questi mesi ha sempre bloccato ogni ipotesi di riscatto o di blitz per la liberazione del rimorchiatore italiano e anche ieri, durante l’annuncio della buona notizia, ha sottolineato come questo risultato sia stato ottenuto grazie ad un lungo lavoro di contatti e una collaborazione delle autorità somale e della regione del Puntland. Frattini ha detto che il governo somalo ha esercitato una «forte pressione» per portare al ritiro i pirati ma ha smentito il pagamento di un qualunque riscatto.

Anche Silvio Bartolotti, general manager della Micoperi, l’azienda ravennate proprietaria del rimorchiatore, ha negato sia stata pagata alcuna cifra.

E allora perché i pirati somali si esporrebbero parlando di milioni di dollari? In quella terra travagliata, dove vige la legge del più forte, nessuno – a cuor leggero – direbbe d’avere in tasca una tale somma. Non lo direbbe nessuno manco in Italia. Figuriamoci in Somalia dove si uccide per molto, molto, meno.

Così, ipotizzando che non abbiano detto il falso, vien da chiedersi se la politica italiana del "pagare, pagare sempre", sia corretta. E’ vero che molti si sono regolati allo stesso modo. I sauditi, per esempio, lo scorso gennaio sborsarono tre milioni di dollari per riavere la loro superpetroliera Sirius Star (catturata il 15 novembre 2008). E pagarono bei soldi anche i norvegesi per riavere la Bow Asir. Ma altri hanno scelto di andarsi a riprendere la propria gente senza pagare un centesimo a queste bande di criminali. Gli americani, come è noto, hanno scelto un intervento armato. Il 12 aprile scorso, un commando di teste di cuoio americane salvò Richard Phillips, il comandante del mercantile Alabama. Il messaggio è stato udito "forte e chiaro" dai somali. Tanto che, per ritorsione, nei giorni seguenti hanno attaccato e danneggiato la Liberty Sun, una nave statunitense che trasportava aiuti umanitari in Africa.

Un paio di giorni prima, anche i francesi avevano scelto di non sovvenzionare i pirati e il sequestro del veliero "Le Tanit" si chiuse con un blitz delle testa di cuoio di Parigi. Uno dei cinque ostaggi rimase ucciso, così come due dei rapitori. Però le altre quattro persone finite nelle mani dei pirati – tra cui un bambino – rimasero illese e i tre sequestratori superstiti sono stati arrestati (e processati in Francia, non in Kenya come è capitato ai pirati arrestati dalla Marina militare italiana).

Anche l’Italia ha i suoi "specialisti". Si tratta di gente sulla cui formazione i contribuenti italiani hanno investito moltissimo. Gente così capace da essere stata in grado di avvicinarsi al Buccaneer – senza essere vista – e constatare addirittura lo stato di salute dei marinai sequestrati. L’ha detto Frattini ieri sera: «Le forze speciali della marina militare a bordo della nave San Giorgio ci hanno detto che si sono avvicinate al Buccaneer» e hanno riferito che i marinai «stanno bene».

Gli apologi del non intervento sostengono che un blitz metterebbe a rischio la pelle all’equipaggio. E’ la verità: c’è un rischio, ma è un rischio calcolato. Forse bisognerebbe spiegare loro che, per i sequestrati, il regime del rischio è deciso da tagliagole semisballati. Ogni giorno. Ogni ora. Per mesi.  
Inoltre, sarebbe ora di proiettare gli effetti della politica del "pagare, pagare sempre" sul futuro prossimo. Per esempio, sapendo che l’Italia paga e che francesi e americani sparano. Secondo gli "apologi" quali navi prederanno la prossima volta i pirati somali?

LE ATTIVITA’ ANTIPIRATERIA
Per il problema della pirateria in Somalia, che dall’inizio dell’anno ha messo sotto scacco una ventina di navi di varie nazionalità di passaggio nel golfo di Aden, sono in campo diverse missioni militari: dalle task force 150 e 151 guidate dagli Usa a quella dell’Unione europea (la missione "Atalante", cui partecipa la fregata Maestrale della Marina militare italiana), alle unità inviate autonomamente da singoli Paesi a difesa degli interessi nazionali.

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/foto/30072_2.jpgCRONOLOGIA DEL SEQUESTRO
E’ stato liberato ieri in serata il mercantile Buccaneer, di proprietà della Micoperi Marine Constructors di Ravenna, sequestrato l’11 aprile scorso da pirati al largo della Somalia, con a bordo 16 membri di equipaggio tra cui dieci italiani.
Di seguito la cronologia della vicenda:
11 aprile: Il rimorchiatore Buccaneer con a bordo dieci italiani viene sequestrato da pirati nel Golfo di Aden. La Farnesina avvia un coordinamento interministeriale ed internazionale. La fregata Maestrale della Marina militare si dirige verso il luogo del sequestro, giunge il 12 aprile.
13 aprile: Sì alla trattativa ad oltranza e nessun blitz, se non come ultima ed estrema opzione. È la linea delle autorità italiane che lavorano ad una positiva soluzione del sequestro dell’equipaggio del Buccaneer.
15 aprile: La Farnesina si appella ai media affinchè evitino «la diffusione di notizie infondate e fuorvianti che possano interferire con un esito positivo della vicenda e porre in pericolo la sicurezza dell’equipaggio del Buccaneer». Con il telefono di bordo tutti i marinai sequestrati riescono a chiamare casa.
16 aprile: Il primo ministro del Governo somalo, Omar Abdirashid Ali Sharrmake dice all’ANSA che sono in corso trattative per arrivare alla liberazione dell’equipaggio.
19 aprile: Le autorità del Puntland accusano il Buccaneer di trasportare rifiuti tossici e affermano che il rimorchiatore italiano non è stato sequestrato dai pirati ma fermato dalla sicurezza locale. L’ipotesi è poi stata smentita.
24 aprile: La Farnesina smentisce di aver ricevuto un ultimatum per la liberazione degli uomini a bordo del Buccaneer, come avevano invece riferito parenti dei membri dell’equipaggio che con questi erano in contatto telefonico. L’armatore afferma inoltre che non vi è richiesta di riscatto. Il ministro degli Esteri Franco Frattini decide di inviare in Somalia il sottosegretario Margherita Boniver per facilitare la soluzione della vicenda.
28 aprile – Alcuni marinai dell’equipaggio del Buccaneer chiamano casa e chiedono di «fare presto» per la loro liberazione. «Stanno bene, ma stanno soffrendo».
2 maggio: Margherita Boniver arriva in Puntland, dopo una sosta a Nairobi dove ha avuto contatti con rappresentanti del governo somalo. Boniver ribadisce la linea italiana: evitare blitz militari e pagamento di riscatto.
3 agosto: In un colloquio telefonico, il ministro Franco Frattini riceve assicurazioni dal primo ministro somalo di «un impegno personale» nella trattativa per la liberazione del Buccaneer. Durante la conversazione Frattini conferma «il pieno sostegno dell’Italia al Governo di transizione somalo e la collaborazione per il rafforzamento delle istituzioni e delle forze di sicurezza».

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