di Piero Argentiero – www.lagazzettadelmezzogiorno.it
La Sacra corona unita potrebbe avere avuto un ruolo nelle stragi di Capaci: il 23 maggio del 1992 vengono ucciso con una bomba Giuseppe Falcone, la moglie e tutti gli uomini della scorta; e di via D’Amelio: il 19 luglio dello stesso anno vengono assassinati con un’auto bomba Pietro Borsellino e gli uomini della scorta. Due stragi che sarebbe state la risposta alla rottura della trattativa tra mafia e Stato e delle quali si torna a parlare in questi giorni per un probabile collegamento con la Sacra corona unita.
Si, proprio così. La Sacra corona di Giuseppe Rogoli e Salvatore Buccarella, in quegli anni ancora al vertice della «stidda» salentina che con la «stidda» che ruota attorno a Vittoria, Gela e altri tre centri della Sicilia sud-occidentale ha solo in comunale la stella. I rapporti stretti della Scu di quegli anni sarebbero invece con la mafia che fa capo a Cosa nostra, quella del Palermitano, dura, sanguinaria, antistato. Si è tornato a parlare di questo rapporto per le dichiarazioni del pentito Gaetano Costa nel nuovo processo in corso per la strage di via D’Amelio. Processo che nasce dalle ceneri del primo processo nel quale erano stati condannati all’ergastolo Pietro Scotto, Giuseppe Orofino e Salvatore Profeta. Ed erano stati inflitti 18 anni di carcere a Vincenzo Scarantino, principale sostegno dell’accusa dopo che si era pentito. Scarantino di recente ha ritrattato, dicendo che si era inventato tutto e i condannati sono stati rimessi in libertà. Mentre è iniziato il processo nei confronti di reali autori della strage. In questo contesto il pentito Costa ha affermato che l’esplosivo della strage di via D’Amelio era stato fornito a Cosa nostra da Salvatore Buccarella.
Dichiarazione di pentito. Ben diversa è la conistenza dell’accertamento effettuato dal Gabinetto di polizia scientifica dei Nocs di Roma, dal quale transitano tutti gli esami sugli esplosivi. Ebbene già nel 1995 i Nocs avevano rilevato la «compatibilità» tra l’esplosivo utilizzato per la strage di Capaci e l’esplosivo, utilizzato nel settembre del 1994, per l’attentato alla villa nella campagna brindisina dell’allora capo della Sezione catturandi della Squadra mobile di Brindisi Pasquale Filomena. Ispettore che poi verrà arrestato, condannato in primo grado a 14 anni di carcere, in Appello a nove, ed ora si sta rifacendo il processo di Appello, dopo l’annullamento da parte della Cassazione, per collusioni con la Sacra corona e altri reati commessi nell’espletamento della sua attività investigativa, come la protezione a latitanti della Scu (Adriano Benedetto Stano che poi diventerà collaboratore, e Sante Vantaggiato, ammazzato il 16 settembre del 1998 nella sua casa a Bar dal suo braccio destro Vito Di Emidio.
Gli esperti potettero effettuare il raffronto tra i residui dell’esplosivo della strage di Capaci e la carica collocata alla villa di Filomena, disinnescata pochi attimi prima che esplodesse. Compatibilità tra i due esplosivi, sostennero i periti balistici. Compatibilità che viene stabilita sulla base del «taglio» dell’esplosivo. I due esplosivi avevano in comune: la quantitatà maggiore era composta da tritolo, il resto da esplosivo per uso civile della categoria dei gelatinati e da esplosivo plastico. Tra i 500 e 550 chili per Capaci, e i 7,5 chili per la villa di Filomena.
Potrebbe, dunque, essere stato lo stesso fornitore a far arrivare l’esplosivo. Per Capaci si parò della ex Jugoslavia, luoghi nei quali gli affiliati alla Sacra corona erano di casa. Il Montenegro è stato per anni il rifugio di tutti i latitanti della Scu e la base per i loro traffici, protetti dalle forze locali e dallo stesso allora primo ministro Milo Djukanovic, indagato dalla Procura di Bari per associazione mafiosa.