Bisceglie, affonda la Casa della Divina Provvidenza la «Fiat del Nord Barese»


Con l’epilogo inglorioso di una procedura fallimentare, peraltro promossa dalla Procura della Repubblica di Trani, si è aggravato lo stato di crisi della Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie (con inevitabili ripercussioni sulle sedi di Foggia e Potenza), sprofondata nei debiti ingenti. L’istanza di fallimento (l’udienza dovrebbe tenersi a luglio) è correlata agli esiti delle verifiche contabili operate dalla guardia di finanza il 17 aprile scorso su disposizione della magistratura, nell’ambito di un’inchiesta scaturita da alcune denunce sulle rette “gonfiate”, pagate dalla Regione Puglia, per i pazienti in cura nell’unità di Alzheimer.

LA RIUNIONE DEI SINDACATI – Ieri pomeriggio intanto si è svolta una riunione tra i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Fials, Fsi, Ugl e Usppi ed i rappresentanti dell’Ente. Ma, in sostanza, con un nulla di fatto. Infatti secondo l’Ente non è più percorribile la strada della cassa integrazione dati i brevi tempi a disposizione ma bisogna individuare altre soluzioni. “I sindacati hanno chiesto all’Ente di riformulare una proposta nuova e più organica da illustrare ai lavoratori – dice a caldo Nicolangelo Cosmai, segretario della Fials – poiché si è sostenuto che la cassa integrazione non risolverebbe i problemi anche alla luce dei fatti giudiziari recenti, si spera nei contatti in corso a livello istituzionale”.

I POLITICI – In precedenza il senatore Antonio Azzollini si era impegnato a portare la questione a livello istituzionale più alto, l’on. Francesco Boccia di contattare personalmente il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, per un incontro diretto con i rappresentanti dei lavoratori dell’Ente. Il sindaco Francesco Spina ha convocato per il 7 giugno la commissione comunale per la Casa della Divina Provvidenza per ascoltare i sindacati sulle ultime novità. Dunque una prospettiva futura incerta per centinaia di dipendenti, per i poveri “ospiti”, per l’econo – mia locale.

I 400 MILIONI – I circa 400 milioni di euro di pendenze della “Casa” con lo Stato ed in minima parte con Inps e fornitori sembrano ormai insanabili. I cortei di protesta svoltisi nei giorni scorsi con dipendenti e sindacati (che da settimane occupano la basilica di San Giuseppe) e le decine di riunioni estenuanti tra Ente ecclesiastico, Regione Puglia, sindacati e rappresentanti politici locali purtroppo hanno prodotto solo fiumi di parole e focalizzato l’attenzione su un “Piano di rientro” della Casa della Divina Provvidenza basato sulla cassa integrazione per 664 dipendenti (chiesta al ministero del Lavoro e poi stoppata in attesa di conoscere le intenzioni della Regione). L’unica verità è che per il soccorso della “Casa” serve il denaro, subito. Che nessuno può garantire, né le banche men che meno la Regione Puglia che ogni giorno “taglia” posti letto e chiude ospedali. La Casa Divina Provvidenza continua a tener segrete le sue “car te” contabili, più volte richieste in coro unanime dai sindacati. Novant’anni di storia, tra luci e molte ombre: dall’assistenza psichiatrica al tentativo tardivo ed in tempi di “vacche magre” per la sanità regionale di riconvertire in nuovi servizi la “cittadella” fondata da don Pasquale Uva, tra ingenti sprechi, gestioni superficiali e guai giudiziari.

LA PROPRIETÀ – La proprietà, ovvero la Congregazione delle Ancelle (che ha rinnovato lo stesso “vertice” per tre mandati consecutivi per un ventennio col placet del Vaticano), come se nulla fosse, non ha mai sentito la necessità di comunicare all’esterno pubblicamente le sue difficoltà e di dire realmente come stavano le cose, aggrappandosi in “camera caritatis” al salvagente politico di ogni colore. Così la situazione è diventata irreversibile. Ora tutti stanno a guardare il naufragio di quella che veniva definita la “Fiat del nord-barese”, cresciuta a pane sacro e politica, con il silenzio assordante del Vaticano.

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