Bari, il racket dei questuanti ai supermercati: ecco chi c’è dietro le loro richieste

fonte: http://bari.repubblica.it – di MARA CHIARELLI

Mustafà arriva presto, col cappellino calato in testa e il passo indolente. L’angolo è ancora libero e il bar già aperto: un saluto con la mano e il mezzo sorriso per chi esce, dopo il caffè. Mustafà ha vent’anni ed è uno dei tanti, nella galassia dei migranti, in gran parte nigeriani, che presidiano ogni mattina supermercati, bar e grandi centri commerciali di Bari e provincia. Un numero impressionante di extracomunitari che, come certificano le nuove indagini delle polizia giudiziaria, sono vittime di un vero e proprio racket.

Il nuovo racket. Una percentuale dei loro incassi giornalieri, fatti di monetine nella mano, viene ceduta alle organizzazioni che ne gestiscono il business. Sono anch’esse composte da extracomunitari, molto spesso provenienti dalle stesse regioni sudafricane, che non vivono nel Centro richiedenti asilo politico (Cara) di Palese ma in appartamenti. Il 90 per cento risiede al quartiere Libertà, un altro 5 per cento a Carrassi, il restante nei dintorni della stazione. Sono gli stessi ras che fino a qualche tempo fa gestivano la tratta degli esseri umani, un affare che è diventato meno lucroso per l’aumento del numero di donne che si sottraggono allo sfruttamento della prostituzione.

Pur non avendone abbandonato il controllo, hanno preferito riconvertire le forze sulla gestione dell’accattonaggio. E loro, di entrambi i sessi, quasi sempre di giovane età, da soli o con bimbi al seguito, preferiscono cedere al ricatto dei capi piuttosto che trascorrere le loro giornate all’interno del Cara.

I luoghi. Arrivano con gli autobus, alle 8 sono già in posizione e per l’ora di pranzo vanno via. “Lui è qui da tre mesi, ogni mattina – racconta il titolare di un bar al quartiere San Pasquale – Noi lo lasciamo stare perché non è aggressivo con i clienti, tiene sempre loro la porta aperta quando entrano e quando escono. Se poi il cliente vuol dargli qualcosa, insomma, a noi non crea alcun problema”. C’è chi porta la spesa fino all’auto, chi dà una mano anche al personale del supermercato. “Amir mi aiuta quando esco per le consegne – sorride Giovanni – Ormai siamo diventati amici e se la mattina non lo vediamo arrivare ci preoccupiamo”.

Davanti a un altro supermercato c’è Aminah. In braccio ha un bimbo di quattro mesi, nel passeggino il fratellino di due anni. Parla un po’ di italiano e spiega: “No, io non vivo al Cara, io sono per conto mio. Mio marito? In un’altra zona”. Ma se le chiedi qualcosa in più, sorride e fa finta di non capire. Ha paura di raccontare l’estorsione alla quale sottostanno lei e la sua famiglia. L’inchiesta appena avviata sul business dei nuovi mendicanti non ha ancora quantificato percentuali e incassi, ma ha monitorato in parallelo il calo della tratta di esseri umani finalizzato allo sfruttamento della prostituzione.

Le donne. Anche in questo caso si tratta di giovani donne, quasi tutte nigeriane, che sempre più spesso riescono a sfuggire chiedendo aiuto alla polizia o alle associazioni che operano sul territorio. Da anni a Bari c’è Giraffa onlus, costituita nel 1997 da donne allo scopo di aiutare altre donne vittime di violenza. Sono trascorsi vent’anni e Giraffa, che lavora a stretto contatto con le forze dell’ordine, è ora in rete con altre realtà pugliesi in virtù di un protocollo di cui la Regione è ente promotore. Del progetto “La Puglia non tratta-insieme per le vittime” fanno parte associazioni e cooperative, da Foggia e Lecce: il Caps, Oasi 2, Tutto tenda, Micaela, Giraffa e la cooperativa Iris.

A gestire il numero verde, 24 ore su 24, è da anni Giraffa: “Stiamo accogliendo molte donne, anche quelle che non vogliono stare in case rifugio – spiega la presidente Maria Pia Vigilante – Vengono ospitate dalle suore o in altre strutture. Noi le accompagniamo nel percorso di supporto, per la denuncia in questura, visite mediche e nella valutazione dell’eventuale possibilità di integrazione lavorativa”. Grazie anche al protocollo con la prefettura, che ha messo in rete ospedali e forze dell’ordine, si Sto arrivando! subito se c’è qualcuno che ha bisogno di aiuto.

E se da una parte le vittime che denunciano crescono, si abbassa in parallelo l’età: 130 in nove mesi, di cui 30 in continuità con il vecchio progetto regionale “città invisibile”, di cui 40 maschi e 90 donne. Di queste 90, un terzo è composto da minorenni. “Si è abbassata l’età – testimonia la presidente – Sono quindi più propense a scappare e quindi a denunciare”.

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