Bari, preparava sequestro-rapina in Toscana: arrestato Leone «u’astat»

fonte: NICOLA PEPE – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Dalle rapine ai sequestri agli incendi, passando per riti di affiliazione mafiosa e anni di pentitismo di convenienza. Francesco Leone, detto «u’astat», continua a far parlare di lui a distanza di qualche anno: ufficialmente residente a Frosinone è stato arrestato nel Bresciano per essere stato il mandante dell’incendio al centro estetico «Il bello delle donne» di Desenzano del Garda. Incendio avvenuto il 10 settembre dello scorso anno. Con Leone sono finite in cella altre quattro persone: sarebbe stato lui il mandante e si sarebbe fatto aiutare da due persone, che hanno materialmente eseguito l’incendio, mentre altri due si sono resi responsabili del trasferimento fraudolento di valori e del riciclaggio con riferimento ad ingenti somme nelle disponibilità del principale indagato. Secondo le indagini il mandate dell’incendio stava anche preparando un sequestro dei vertici di una società toscana di custodia valori i cui caveau sarebbero dovuti essere prelevati.

La Procura di Brescia ha disposto il sequestro di quattro immobili, due conti correnti postali e un’autovettura. Oltre a due armi clandestine e relativo munizionamento, un silenziatore, copioso carteggio contabile, bancario e attinente al programmato sequestro di persona in Toscana, documenti falsi e denaro contante. Il 57enne barese  era stato condannato per il sequestro lampo di Giuseppe Spinelli, il ragioniere di Silvio Berlusconi rapito nel 2012 con la moglie. Leone si trovava nel Bresciano perché molto amico di una donna romena che lavorava nel centro estetico dato alle fiamme. 

LA RAPINA NEL 1992 A BARI E LA PISTA TERRORISMO – Ma la «carriera» di Leone, che pur avendo collezionato decine di ani di condanne era sempre (spesso) libero, è costellata da una serie di imprese che hanno dominato la cronaca. Nell’ottobre del 1992, si rese responsabile di una delle rapine più audaci nel centro del capoluogo pugliese, quella alla filiale della Cassa di Risparmio di Puglia : per una notte lui e i suoi complici segregarono la famiglia del direttore costringendo il responsabile della banca ad aprire il caveau e consegnare valuta estera per un valore di un miliardo e 200 milioni di vecchie lire. Per depistare le indagini, «u’uastat» e i suoi complici idearono una messinscena tentando di orientare le indagini verso la pista terroristica: fu scattata con una «Polaroid» una foto della famiglia del direttore di banca davanti a un drappo sul quale era disegnata la stella a cinque punte. Per quel colpo, Leone fu condannato a 10 anni di reclusione.

IL PENTITO A RATE – Il suo cliché di «mafioso» si scoprì a Bari per la prima volta, nel 1993 quando, diventò il teste-chiave della maxi inchiesta sulla mafia dell’hinterland barese ribattezzata «Conte Ugolino». Leone raccontò affiliazioni, testimoniò la sua iniziazione (sarebbe avvenuta all’età di 13 anni) e spedì in cella decine di persone ritenute. Erano i primi anni di applicazione della legge sui pentiti – in cui erano ammesse le dichiarazioni a rate – e «u’uastat» riempì migliaia di pagine di verbali di interrogatorio per svelare i suoi «segreti». Ma come tutte le «gole profonde» – che più parlavano e più ottenevano – Leone col passare del tempo diventò sempre meno credibile: un suo interrogatorio finì anche nella carte del processo sul rogo del teatro Petruzzelli. Così, approfittando del suo status di collaboratore di giustizia, si garantì una sorta di immunità nonostante una serie di arresti per sequestri di persona e rapine, secondo un «modus operandi» ormai collaudato. Lasciando dietro di sé una scia di sospetti e interrogativi su chi in realtà potesse nascondersi dietro le sue scorribande.

L’EVASIONE DAL CARCERE CON UN EX POLIZIOTTO – Nel febbraio del 1993, mentre era in cella per la rapina alla Caripuglia (e di lì a poco avrebbe rilasciato dichiarazioni per il «Conte Ugolino») il suo nome catalizzò nuovamente l’attenzione della cronaca: evase con un ex poliziotto accusato di concorso in omicidio dal carcere di Turi, in provincia di Bari. Una fuga meditata e favorita da una serie di circostanze non casuali: l’ex poliziotto si costituì due giorni dopo, mentre Leone fu catturato tre mesi dopo in una clinica romana.

RAFFICHE DI COLPI IN BANCA – Sempre da uomo «libero» – in attesa di processo – Leone organizzò una banda che mise a segno una quindicina di colpi (quelli accertati) con la tecnica del sequestro di persona tra Bari, Latina e Roma. Fra i colpi realizzati quello, nel 1998, alla filiale della Banca Commerciale Italiana nel «Baricentro» di Casamassima, a circa 20 chilometri da Bari, dove i banditi, travestiti da Carabinieri, entrarono nel pomeriggio (alla chiusura della banca) nell’abitazione del direttore dell’istituto di credito e presero in ostaggio fino alla sera la moglie, il figlio, la baby sitter e la madre di questa. Il bottino fu 300 milioni di lire. Leone, travestito da commisario di polizia, tentò un colpo da 4 miliardi di lire: gli stipendi del personale Aeronautica di Ciampino. Fu arrestato mentre tentava di sequestrare un ufficiale cassiere.

IL DEBOLE PER LE DONNE – Nel 2000 (dopo lo «sfratto» dal programma di protezione), il suo arresto disposto dalla la Procura di Roma: per questo, Leone incassò un anno dopo, nel maggio del 2001, altri 12 anni di reclusione. Un rivolo dell’indagine romana è ancora in attesa di essere definita nel capoluogo pugliese nei confronti di una donna, E proprio il gentil sesso avrebbe rappresentato un’altra variabile (o debole?) della vita spericolata di Leone: durante la sua detenzione in un penitenziario per pentiti, l’ex «gola profonda» della mala barese avrebbe avuto uin flirt con un’agente di custodia. 

Infine, il colpo grosso ai danni del ragioniere dell’ex Premier Berlusconi, quello che potrebbe aver segnato la fine della sua carriera. Ma per «u’uastat» non è arrivato il momento della pensione.

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