
Il padre di una studentessa e un suo amico riconosciuti colpevoli dell’aggressione nell’istituto alberghiero. Per colpa di una nota. Ora l’insegnate lavora a Bergamo e ricorda con dolore l’esperienza vissuta – fonte: Benedetta De Falco – bari.repubblica.it
«Denunciare serve. Spero che la mia vicenda possa essere d’esempio». Il professore Enzo Amorese commenta con un sospiro di sollievo le condanne a tre anni e due mesi inflitte al padre di una studentessa e ad un suo amico, che l’avevano schiaffeggiato mentre faceva lezione all’istituto alberghiero Majorana nel quartiere San Paolo, due anni fa. Fu aggredito per aver messo una nota a una 14enne, nipote del boss di Enziteto. E ora – dopo la sentenza a carico dei due uomini, difesi dall’avvocato Giuseppe Giulitto – si sente confortato per non essere rimasto in silenzio e aver scelto di denunciare la vicenda alle forze dell’ordine.
Il giudice ha disposto una condanna più alta rispetto a quella richiesta dalla Procura di Bari (due anni e sei mesi di reclusione) per lesioni aggravate e interruzione di pubblico servizio.

Ma neanche la vittoria ottenuta nella vicenda giudiziaria, gli permette di rimuovere dalla mente i dettagli di cosa accadde quel venerdì 23 settembre del 2022. «Era la mia prima ora di lezione – ricostruisce Amorese – un’alunna era entrata venti minuti in ritardo e nonostante tutto creava subbuglio. L’ho ripresa, senza alzare la voce. Ma quando si è rivolta alla classe per convincere gli altri a non ascoltare la lezione, le ho messo una nota».
La reazione della studentessa è stata: «Professore questo mi hai fatto, ora vedi che succede», una minaccia che è diventata subito realtà. Ha chiamato il padre che, nell’arco di 20 minuti, è entrato con prepotenza nell’istituto contro la volontà dei bidelli che hanno provato a fermarlo. In compagnia di un amico ha trovato la classe in cui stava facendo lezione Amorese e lo hanno colpito con pugni e schiaffi, per punirlo – ha ricostruito la Squadra mobile – di aver messo quella nota.
Un’umiliazione troppo pesante per il docente, che all’epoca si trovava in quel nuovo istituto soltanto da due settimane. Un periodo breve, che oggi ricorda come un incubo grottesco. «Per gli orrori che ho potuto osservare in due settimane di servizio, presumo che siano avvenuti altri episodi simili, non supportati da un intervento tempestivo – commenta il professore – In quei giorni notai una collega, piangeva in segreto con un occhio livido e il volto gonfio, perché qualche scalmanato le aveva lanciato sul volto un oggetto contundente» ricorda Amorese.
Dopo quella incursione punitiva «non sono stato aiutato dalla dirigente, che anzi ha leso la mia immagine» aggiunge. Il docente è stato assistito dall’avvocato Renato Buccinel processo in cui la scuola non si è costituita parte civile. Un fatto che non scorda e che lo ha spinto a lasciare in fretta l’istituto, dopo aver chiesto alcuni giorni di malattia. Il sogno di rimanere a lavorare in un’altra città pugliese è stato stroncato perché era disponibile soltanto un posto di sostegno. L’unica soluzione era tornare a Bergamo, nel Nord, dove aveva già insegnato in passato. «Qui ho raggiunto il mio equilibrio. E insegno in una scuola che si chiama, per un caso fortuito, Majorana, ma con un’organizzazione ben diversa»