Bari, lo scandalo del dress code per le aspiranti magistrate: l’ex giudice Bellomo assolto dall’accusa di violenza privata

«Il fatto non sussiste». All’inizio l’accusa era di estorsione ai danni di una studentessa che frequentava i corsi di preparazione al concorso dei magistrati, tenuti dalla scuola di cui Bellomo era direttore scientifico – fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Ieri la Corte di Appello di Bari ha assolto «perché il fatto non sussiste», l’ex giudice del Consiglio di Stato Francesco Bellomo dall’accusa di violenza privata, reato peraltro prescritto, che nel 2019 aveva comportato il suo arresto e la permanenza ai domiciliari per tre mesi, su disposizione del gip del tribunale del capoluogo pugliese.

All’inizio l’accusa era di estorsione ai danni di una delle studentesse che frequentavano i corsi di preparazione al concorso per la professione di magistrato, tenuti dalla scuola Diritto e Scienza di cui lo stesso Bellomo, barese, era direttore scientifico. Il reato, nel caso specifico, sarebbe consistito nella richiesta che lo stesso avrebbe fatto alla presunta vittima di lasciare il lavoro di valletta televisiva. Nell’inchiesta, tra le altre cose, emerse che il giudice avrebbe istituito un vero e proprio codice, che prevedeva, tra l’alto, che le studentesse si presentassero alle lezioni con un abbigliamento particolare e ben definito. In quella occasione vennero contestati anche i reati di maltrattamenti e violenze private ai danni di altre studentesse. Questi procedimenti vennero riunificati a Bari.

In base a questo processo Bellomo venne radiato dal Consiglio di Stato. «È stato un processo emblematico, con un’accusa artificiale di estorsione costruita in laboratorio mediante una ricerca a tappeto di denunce e possibili quanto insussistenti reati effettuata da un pm che non aveva neanche la competenza ad indagare», ha dichiarato l’avvocato difensore di Bellomo, Cataldo Intrieri. «Per farlo restare a Bari si era elevata una imputazione di estorsione, un reato molto grave, che subito il tribunale del Riesame di Bari e la Corte di Cassazione avevano dichiarato insussistenti. Ciò nonostante la Procura di Bari – continua Intrieri – per mantenere la competenza nel capoluogo pugliese e radicarne il processo, nonostante il diverso avviso della Cassazione, ha insistito nell’accusa. Ciò ha comportato anche l’arresto del dottor Bellomo che si è protratto fino all’udienza preliminare».

In quella sede il giudice di Bari ha nuovamente confermato che non si trattava di estorsione, reato insussistente, ha derubricato l’accusa a violenza privata, «cioè un semplice atto di costrizione, dichiarandola prescritta», sostiene l’avvocato. Per quanto riguarda le altre accuse le carte sono state inviate per competenza al tribunale di Bergamo, «confermando che non c’era competenza del tribunale di Bari», sottolinea Intrieri. Per il processo di estorsione la Procura di Bari ha fatto ricorso in Corte di Appello, chiedendo che fosse di nuovo qualificato il reato come estorsione. La difesa ha impugnato la sentenza chiedendo invece l’assoluzione nel merito, cioè sostenendo che il fatto anche come violenza privata non sussistesse, anche se prescritto. La Corte di Appello ieri ha rigettato l’appello della Procura e ha accolto invece l’appello della difesa, “dicendo nel merito che anche il reato di violenza privata è insussistente”, conclude l’avvocato.

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