Bari, interessi privati in scuola pubblica: i presunti illeciti e abusi della preside del Majorana

A fare accendere la lampadina è stata la nostra ultima intervista al direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale. Alla nostra richiesta di chiarimenti sulla “questione Majorana“, l’espressione di sbigottimento sul volto della dottoressa Cammalleri, sorpresa all’udire che il nostro interesse era per i docenti senza titoli, ha risvegliato l’attenzione in chi sapeva a cosa potesse essere dovuto il turbamento iniziale.

Sì, perché se pure la questione dei docenti senza titoli, che ha scomodato ispettori ministeriali e magistratura, è di per sé gravissima, è solo la punta di un iceberg scivoloso, al cui interno è ibernato come un mammut l’IISS Majorana. La registrazione che correda questo articolo (una conversazione tra personale scolastico e docenti dell’istituto), i documenti nella galleria e una relazione presentata da una commissione di ispettori inviati dall’U.S.R. sono i primi tasselli di un mosaico di presunti abusi, da parte della preside del Majorana, Paola Petruzzelli, che, se verificato, costituirebbe un quadro inquisitorio inquietante.

Concessione dei locali dell’istituto

Dalla conversazione emergerebbe che la professoressa Petruzzelli, d’accordo con un organizzatore esterno, metterebbe a disposizione dietro compenso la sala ristorante-bar e l’auditorium del plesso al quartiere San Paolo dell’istituto, per feste private fuori dall’orario scolastico. Come se questo non costituisse di per sé un illecito, al fine di preservare la sala, per il cui allestimento la scuola ha speso circa 70mila euro, la professoressa ne impedirebbe l’accesso agli studenti durante l’orario scolastico, per svolgere la regolare attività didattica. I ragazzi, con i docenti, sarebbero costretti a svolgere esercitazioni e lezioni nell’atrio davanti alla sala.

La concessione dei locali non si limita ad auditorium e ristorante. Dal verbale di ispezione, condotta lo scorso 13 aprile, viene fuori una convenzione con la società ASD ASEM Volley Bari per l’anno scolastico 2013/14, con cui verrebbe messa a disposizione della società sportiva la palestra del plesso di Palese e il pullman dell’istituto, dietro un corrispettivo, “da liquidarsi in contanti” di 1200 euro. A sostegno di questo, risulta un rapporto di servizio in cui è registrato l’utilizzo dell’automezzo targato ES 955 CA, dal 30 maggio 2014 al 2 giugno dello stesso anno, con tanto di firma del conducente. Appare curioso leggere sul rapporto, alla dicitura “Classi interessate al trasporto”, il nome della società ASD ASEM Volley Bari. Il rapporto non è firmato dalla preside, ma fa capo a un ordine di servizio ben preciso. Saremmo curiosi di sapere chi ha autorizzato tale trasporto, insieme a chiarimenti in merito a una mail inviata all’indirizzo personale della professoressa Petruzzelli, con cui un ente provinciale fa richiesta direttamente alla preside di un preventivo per il noleggio di un pullman fino a Torino.

La ASD ASEM Volley non è l’unica società sportiva che affitta la palestra. Il verbale fa riferimento anche ad altre società, riportando periodi di locazione e tariffe. Voci dall’interno parlano anche di una scuola di danza, circostanza resa ancor più credibile dalla dichiarazione di un docente che agli ispettori ha riferito: “La palestra della sede di Palese, essendo stata affittata a privati nelle attività pomeridiane, è stata arredata ricoprendo con degli specchi le pareti. Questo inibisce e rende pericoloso l’uso della palestra stessa in ore scolastiche“, col risultato che, come avviene per il ristorante, agli studenti sarebbe inibito l’accesso alla palestra, per preservarla a beneficio dei privati che la fittano.

La Dimora del Barone, l’albergo didattico di Palese e la Cooperativa Sociale Majorana

Come risulta dalle nostre semplici visure camerali, nel febbraio 2014 è stata costituita la Società Cooperativa Sociale Majorana, con presidente del consiglio di amministrazione la professoressa Paola Petruzzelli, e con membri del CDA i docenti Rosanna Brienza e Lorenzo Griglia. Qui già si profila la prima incongruenza, visto il conflitto di interessi che impedirebbe a un funzionario pubblico, quale può essere la preside di un istituto, di assumere la carica di presidente del CDA di una Società. La cooperativa si chiama proprio come la scuola e ha sede legale in via Tramonte 2, a Bari, proprio dove sorge il plesso barese dell’IISS, ma di fatto non è una società facente capo all’istituto. Dal sito della scuola risulta che: “Studenti dell’Istituto Superiore Alberghiero Ettore Majorana di Bari, si sono costituiti in cooperativa per poter lavorare, con regolare contratto, dopo il diploma”. Tuttavia dalla visura camerale risulta che la società conti solo due dipendenti, meno dei membri del CDA. Viene da chiedere, dunque, chi gestisca la Dimora del Barone. Sorge il sospetto che tale confusione sia voluta (e chiediamo alla professoressa Petruzzelli di voler chiarire) per poter guadagnare da eventi organizzati con mezzi della scuola, come il buffet di aperitivo tenutosi al Comune di Bari il 13 dicembre 2013, prima che la cooperativa venisse costituita, allestito con derrate alimentari e personale scolastico (studenti, tecnici e docenti in orario di servizio) della scuola, ma pagato direttamente alla cooperativa il 15 aprile 2014.

Eppure, stando a quanto riferito agli ispettori da un dipendente scolastico: “Vi è forte confusione tra attività organizzate dalla cooperativa e attività scolastiche” e più avanti: “In data 8/11/2014 vengono consegnate derrate alimentari con destinazione ‘Dimora del Barone’ al collaboratore scolastico X, al quale viene fatta firmare una dichiarazione di consegna. La suddetta dichiarazione è stata presente nel magazzino fino alla data 11/05/2015. Oggi, al 13/05/2015 (data dell’ispezione, n.d.r.) tale dichiarazione non si trova più“.

La questione appare fumosa e il sospetto è che tale fumo sia alimentato per nascondere l’arrosto. Dichiarazioni firmate, fatture, scritture private allegate alla documentazione lasciano intendere che la scuola sia usata come “mammella” da cui succhiare derrate alimentari, manodopera, forniture e servizi per mantenere la Dimora del Barone.

Alcuni assistenti tecnici dichiarano di aver prestato servizio presso la masseria, fuori dall’orario di lavoro e dagli obblighi contrattuali, dietro richiesta della preside Petruzzelli. Altri di aver avuto incarico dai membri del CDA di portare cibo e materie prime dal magazzino della scuola alla Dimora del Barone. Ci sono fatture di lavanderia, a carico della scuola, per accappatoi, teli da bagno, piumini, insomma, forniture alberghiere. Lo stesso modus viene adottato per l’albergo didattico di Palese, dove ai collaboratori scolastici è stato chiesto di svolgere servizio di vigilanza e portierato notturno.

La confusione tra entrate e uscite sembra essere agevolata dalla poca chiarezza, ove non totale mancanza, di registri e scritture di magazzino e delle scorte alimentari, essenziali per monitorare l’uso dei beni scolastici ed escludere le possibilità di usi impropri. In più, a carico del bilancio della scuola, si apprende dal verbale degli ispettori, sono documentati esclusivamente il trasporto di materiale ed alunni. “Non è documentato però quale materiale sia stato portato e per quali ragioni, né per quali ragioni alunni debbano esercitarsi su una struttura gestita da una cooperativa”.

La birra artigianale

Questo è forse il caso più curioso. Nell’anno scolastico 2013/14 il Majorana avvia un progetto didattico finalizzato a far acquisire agli alunni competenze nella produzione di birra artigianale. Il progetto viene approvato nella seduta del Consiglio di istituto dell’8 novembre 2013, sulla scorta di un piano organizzativo, predisposto dalla professoressa Petruzzelli, che prevede la possibilità futura di produrre e commercializzare la birra. Ora, benché nel programma annuale del 2014 non esiste nessuna voce progettuale specifica “progetto birra”, dagli atti acquisiti dalla commissione di ispettori risulta che il 31 ottobre 2013, otto giorni prima che il Consiglio d’Istituto approvasse il progetto, la scuola aveva già sottoscritto con la Centrale Adriatica di Modena -per intenderci, la Coop – un contratto di fornitura di prodotti alimentari per la vendita di una birra biologica a prezzi di mercato. Nell’accordo, la scuola dichiara di essere già in possesso delle certificazioni conformi ai disciplinari di riferimento.

Di qui il bello della faccenda: il corso del progetto birra è di una manciata di ore, con strumentazione base, a titolo meramente dimostrativo, tenuta da un maestro birraio che nel poco tempo a disposizione ha mostrato ai ragazzi l’esecuzione di una specifica ricetta. Nel corso non è stata fornita alcuna specifica nozione di chimica o di tecniche che potessero mettere i ragazzi in condizione di riprodurre la stessa ricetta eseguita, figuriamoci elaborarne una propria. Gli studenti avrebbero avuto maggiori possibilità di diventare biologi marini, con una visita della stessa durata all’acquario di Genova.

Intanto, il 10 luglio 2013 la scuola ha richiesto a tre birrifici i preventivi per la lavorazione e la fornitura di birra artigianale biologica. A rispondere è la Cafara S.r.l., un birrificio di Brindisi che rimette il proprio preventivo di spesa senza alcun accenno alla “ricetta della scuola”. Il 19 luglio la preside Petruzzelli sottoscrive la proposta di Cafara S.r.l, il 31 ottobre la Coop invia un ordine di acquisto per la birra e l’11 novembre il Majorana emette un buono d’ordine alla Cafara. Il birrificio consegna il prodotto alla scuola il giorno successivo all’ordine – segno che la merce era già pronta – e il 13 marzo dell’anno successivo la scuola emette fattura alla Coop per l’ordine di ottobre. Il Majorana riceve 3.908,00 euro dalla Coop e paga al birrificio Cafara la somma di 2.740,61 euro, ricavando un utile di 1.167,39 euro iva inclusa.

Domande: esiste davvero la ricetta della scuola? Se esiste, perché non è stata prodotta prova dell’esistenza in sede di ispezione? Come ha fatto il birrificio a produrre, far fermentare e imbottigliare in un giorno solo l’ordine di birra chiesto dalla scuola? L’aveva preparata in anticipo? È più probabile che un birrificio si accolli il rischio di preparare con largo anticipo un prodotto nuovo, su una ricetta non propria, senza alcun acconto e né alcun accordo circa la mancata vendita e senza un’indicazione sulla quantità, o che lo stesso birrificio fornisca al committente un prodotto preesistente e già pronto? La rapida sequenza di preventivi, accordi, ordini e fatture tra birrificio, scuola e Coop, mette in luce che il Majorana – o chi per lui – effettua una semplice attività commerciale, che esula dalle attività didattiche e istituzionali. Attività per cui è necessaria una gestione economica con scritture separate, cosa che alla scuola manca, ammesso che questi soldi siano finiti effettivamente nelle casse della scuola. A questo si aggiunge la dichiarazione di un assistente tecnico, resa agli ispettori dell’U.S.R.. Ha affermato che la birra Majorana è: “Birra prodotta dal birrificio brindisino Carafa S.r.l., il quale ci invia le bottiglie prive di etichetta che vengono successivamente applicate dagli studenti nella sede di Bari San Paolo”.

Se tutte queste situazioni e quelle da noi oggi omesse, perché incapaci di dimostrarle coi documenti, fossero vere, smentirebbero la fama di “buona scuola” di cui il Majorana si è fregiata negli ultimi anni. Le conclusioni tratte dagli ispettori non lasciano molto spazio all’interpretazione. Di queste e di altre questioni, come già abbiamo fatto in passato, chiediamo chiarimenti alla preside dell’istituto, Paola Petruzzelli, direttamente o già da ora anche tramite i propri legali, in assenza delle quali questo articolo non verrà né modificato, né rimosso. Ci piacerebbe poter credere che si tratti di un grosso equivoco dalle spiegazioni che la professoressa vorrà fornirci. Professoressa che dallo scorso 17 settembre sembra mancare dalla Presidenza del Majorana. Non sappiamo se l’assenza sia dovuta a un provvedimento disciplinare oppure a motivi personali. In istituto qualcuno dice che stia “scontando” un mese di sospensione proprio per queste vicende. Dal canto nostro ci auguriamo che presto sia fatta chiarezza. Se si è trattato di un grosso equivoco vengano date le giuste spiegazioni, ma si impartisca una pena esemplare e non uno schiaffetto sulle mani, nel caso tutta questa faccenda risulti essere quello che sembra.

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