Bari, inchiesta sul voto di scambio: «Olivieri si accordò con la mafia»

La Cassazione: «Strisciuglio stipulò il patto per conto dei familiari già in carcere». fonte: Massimiliano Scagliarini – www.lagazzettadelmezzogiorno.it 

La promessa di un posto di lavoro per la madre (oltre che di buoni benzina) è più che sufficiente a ipotizzare l’esistenza di uno scambio politico-mafioso tra l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri e Gaetano Strisciuglio, (figlio di «Franco La Luna» del quartiere Libertà), che pur non essendo «affiliato» va considerato intraneo al clan. È la motivazione in base a cui la Cassazione ha confermato l’arresto in carcere di Strisciuglio, il 26 febbraio, nell’ambito dell’operazione «Codice interno» della Dda di Bari. Ed è una pronuncia che finisce per aggravare anche la posizione di Olivieri.

Strisciuglio, così come Olivieri (pure lui finito in carcere) è tra le 124 persone per le quali è stato chiesto il processo con il rito immediato. È accusato di aver promesso voti per garantire l’elezione di Maria Carmen Lorusso, moglie di Olivieri, candidata nelle file del centrodestra alle elezioni comunali del 2019. Il suo nome fu oggetto anche di polemica politica in commissione Antimafia, perché in alcune intercettazioni parlava del governatore Michele Emiliano (assolutamente estraneo a ogni accusa).

La Cassazione (Sesta sezione, presidente Fidelbo, relatore Capozzi) ha ritenuto «acclarata la consumazione del patto elettorale» in cui Strisciuglio avrebbe garantito 300 voti dalla sua posizione di «intraneo all’omonimo sodalizio mafioso, forte della sua riconosciuta appartenenza in un ruolo di rilievo nella compagine mafiosa». Secondo la Cassazione, infatti, Strisciuglio ha svolto «un ruolo vicario in rappresentanza dei suoi più titolati familiari detenuti (da tempo) in carcere», non essendosi occupato soltanto di voti: le intercettazioni ne hanno infatti descritto l’intervento in una lite tra imprenditori per l’acquisto di un immobile a un’asta giudiziaria (cui era interessato anche il clan Parisi). In questo senso la sentenza valorizza le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Donato e Arcangelo Telegrafo, secondo cui Strisciuglio «pur non affiliato (non avendone bisogno)» era «pacificamente membro dell’omonima associazione mafiosa con poteri dispositivi e di intermediazione con altri sodalizi mafiosi». Nella vicenda dei voti comprati Strisciuglio avrebbe infatti coinvolto altre organizzazioni mafiose attive nei quartieri periferici di Bari.

La Cassazione ha poi confermato che l’accusa di scambio politico mafioso può essere ipotizzata anche se il patto si chiude «con un soggetto diverso dal candidato», e nel caso specifico ha detto che risulta «correttamente verificata la realizzazione dell’accordo sinallagmatico»: Strisciuglio accettò la promessa di Olivieri ed è provata «l’avvenuta corresponsione di regalie».

Il 2 ottobre il troncone «ordinario» del processo Codice interno riprenderà con la prima delle udienze dedicate ai pentiti. Il 25 settembre invece partirà il processo con il rito abbreviato, scelto tra l’altro da Olivieri. L’ex consigliere regionale (che si trova nel carcere di Lanciano) nell’interrogatorio di maggio aveva sostenuto di essere inconsapevole del fatto che i suoi interlocutori fossero mafiosi. «Strisciuglio è un cognome che conosco, non certo questo Strisciuglio Gaetano che mi viene presentato da un candidato al Municipio che non avevo mai visto prima». La Procura di Bari, chiaramente, non gli ha creduto. [m.s.]

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