Bari, il conto di Punta Perotti per ora sfiora 14 milioni

 

L’affaire Punta Perotti potrebbe costare a Comune, Regione e ministero della Cultura (quest’ultimo per le presunte inadempienze della Sovrintendenza) qualcosa come 13,8 milioni di euro. Una somma ingente, che Palazzo di Città in via cautelativa e prudenziale ha accantonato e intende anticipare anche per gli altri due enti pubblici in ragione del vincolo di solidarietà che li lega. Sempre che le due condanne inflitte tra settembre e ottobre dalla Corte di appello di Bari divengano definitive. Se alla fine il conto dovesse essere proprio quello (dividendo per tre, sarebbero circa 4,6 milioni a testa; ma gli enti stanno valutando il ricorso per Cassazione), si tratterebbe di una somma ulteriore rispetto ai 49 milioni di euro di risarcimento riconosciuti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ai costruttori a seguito della condanna dello Stato italiano. Gli enti, infatti, in questo caso non c’entrano. E nei loro confronti non c’è stata alcuna azione di rivalsa. Da considerare c’è, poi, stavolta alla voce entrate, anche il mancato incasso dell’Imu, circa 8 milioni di euro che la Sudfondi in liquidazione non deve più pagare al Comune come hanno stabilito due giorni fa i giudici tributari: poiché su quei terreni ci sono vincoli paesaggistici regionali, non si può costruire. Di conseguenza – è il ragionamento – l’imposta non è dovuta.

DANNI E COSTI – Insomma, Punta Perotti quanto mi costi. Sono diverse infatti le tipologie di danni riconosciuti dai giudici a favore dei costruttori, società «Sudfondi» (gruppo Matarrese), «Mabar» (Andidero) e «Iema» (Quistelli). Partiamo dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo del 2012. I giudici stabilirono allora che la confisca dei suoli venne disposta dalla magistratura in violazione del diritto della protezione della proprietà privata e della Convenzione dei diritti dell’uomo. Il principio, in teoria banalissimo, è che non si può essere «assolti e confiscati» come invece è capitato agli imprenditori. A sbagliare, dicevamo, non è stato il Comune, ma lo Stato che per questo ha pagato 49 milioni di euro alle imprese che costruirono Punta Perotti. Praticamente circa 0,80 centesimi per ciascun cittadino italiano, da Aosta a Palermo. Si trattò di una sorta di ristoro per il mancato godimento dei suoli tra il 2001 (anno della confisca) e novembre 2010 (quando la confisca fu revocata perché illegittima). Una partita chiusa da tempo.

LE SENTENZE RECENTI – Ci sono poi le più recenti sentenze della Corte d’appello che, ribaltando il verdetto dei giudici di primo grado, hanno riconosciuto l’esistenza di un’altra tipologia di danni, causati questa volta da Comune, Regione e Sovrintendenza. Insomma, il risarcimento riconosciuto dalla Cedu non copriva tutti i danni, riguardando unicamente la illegittimità della confisca («arbitraria e senza base legale», scrisse la Cedu) e non l’accertamento della responsabilità delle amministrazioni che avevano rilasciato concessioni edilizie e autorizzazioni. Di qui l’ulteriore ristoro per le spese sostenute per la progettazione, i costi pubblicitari, i pagamenti di Ici e oneri di urbanizzazione, gli oneri finanziari, i costi di progettazione, parte dei costi di esecuzione dei lavori e via discorrendo. Sudfondi aveva «sparato» 540 milioni, per i giudici il danno è decisamente inferiore, ovvero quantificabile in 8,7 milioni. Per Mabar, invece, la somma riconosciuta dai giudici è di circa 1,3 milioni. Ma nel conto, a seconda della tipologia di danno individuato, vanno aggiunti la rivalutazione e gli interessi che per la fetta più grossa (quanto a Sudfondi) decorrono dal 6 marzo 2014 (ma si arriva indietro sino al 10 aprile 2001). Stesso discorso per Mabar. Risultato: dalle tabelle elaborate dallo stesso Comune nella delibera approvata lo scorso dicembre dal Consiglio comunale, su proposta della giunta, circa il relativo debito fuori bilancio, emerge che per risarcire Sudfondi il debito schizza da 8,7 a quasi 10,9 milioni. Più «contenuto», in termini relativi, il calcolo per Mabar, ma praticamente raddoppiato, da 1,3 a quasi 2,6. Il totale? 13,4 milioni, ai quali vanno aggiunte anche le spese per la registrazione della sentenza, 325mila euro, che portano il conto, appunto, a 13,8 milioni circa.

ANTICIPO DELLA SOMMA – Per evitare azioni esecutive e dunque altri oneri il Comune ha già dato la sua disponibilità a versare la somma, dopo l’esito dell’eventuale ricorso, con diritto di regresso nei confronti dei co-debitori. Sotto questo Palazzo di Città si è portato avanti, non si sa mai. A metà dicembre, per mettere le cose in chiaro, ha scritto a Comune e Regione intimando loro il pagamento delle rispettive quote. Praticamente, per Punta Perotti, conto «alla romana».

fonte: Giovanni Longo – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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