Bari, «Franco P», a un anno dall’affondamento del rimorchiatore. «Il corpo di papà è in fondo al mare»

Le famiglie dei dispersi: «Recuperate il relitto». Tre morti: Jelali Ahmed, Luciano Bigoni e Andrea Massimo Loi. Mai ritrovati i due molfettesi Mauro Mongelli e Sergio Bufo – fonte: Matteo Diamante – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

La notte tra il 18 e il 19 maggio 2022 ha cambiato per sempre le vite di sei famiglie, tante quante furono le persone coinvolte nel naufragio del rimorchiatore «Franco P» inabissatosi, per cause ancora tutte da chiarire, nelle acque dell’Adriatico.

Le vittime –  Tre le persone ritrovate morte, il 65enne Luciano Bigoni, il 58enne Andrea Massimo Loi, entrambi di Ancona, e il 63enne di origini tunisine e residente a Pescara Jelali Ahmed. A poter raccontare l’accaduto, seppure in modo frammentario e al momento quasi completamente inutile al fine di indagini ancora in corso, è soltanto il comandante, il 63 enne Giuseppe PetraliaEppure, il dramma più grande è vissuto dalle famiglie dei due molfettesi Mauro Mongelli di 59 anni direttore di macchina e Sergio Bufo di 58 anni nostromo, i cui corpi non sono mai stati restituiti dal mare. Già dai giorni successivi all’accaduto quella parola «dispersi» ha iniziato a far terribilmente rima con «morti», la speranza ha pian piano iniziato a spegnersi. Quel dolore, immenso, vissuto ancora oggi dalle famiglie Mongelli e Bufo è ancora troppo forte a circa un anno dalla tragedia. Niente e nessuno potrà mai colmarlo soprattutto se la probabilità che i corpi di Mauro Mongelli e Sergio Bufo giacciano ancora in fondo all’Adriatico sia quasi una certezza.

L’appello delle famiglie dei dispersi Dopo mesi di silenzio adesso è arrivato il momento di far sentire la propria voce. Un grido di dolore che non chiede soltanto giustizia, ma molto di più. Chiede che a quei corpi venga data la giusta sepoltura, in grado di ripagare una vita in mezzo al mare, fatta di sacrifici e lontananza dalle proprie famiglie.

A rompere quel silenzio è stata Eleonora Mongelli, unica figlia del direttore di macchina Mauro Mongelli. I suoi sono occhi che riflettono un dolore ancora vivo, ma le sue parole sono cariche di quella forza necessaria per combattere una battaglia che si sta rivelando difficile, ma non impossibile da vincere. Riportare alla luce il relitto del «Franco P.» è quanto chiede Eleonora Mongelli e la famiglia del nostromo Sergio Bufo. «Lo devo a mia madre, a mio padre e a me stessa – ha esordito – è da quella notte tra il 18 e il 19 maggio che non ci diamo pace perché nessuno può comprendere quello che, a quasi un anno dalla tragedia, continuiamo a vivere. La mia famiglia non ha mai ricercato i riflettori dei media nemmeno qualche giorno dopo il naufragio. Non è nel nostro stile, non era il caso di farlo, volevamo rimanere soli con il nostro dolore, seppur consapevoli che il nostro unico uomo di famiglia nessuno ce lo avrebbe mai restituito. Ora, il silenzio non ripaga più quel dolore».

Il ricordo di quella notte «Ricordo bene quella notte. Come potrei dimenticarla – ha proseguito nel suo racconto Eleonora Mongelli – siamo stati svegliati da alcuni membri della famiglia da cui abbiamo appreso la notizia. In un attimo eravamo già a Bari, in Guardia Costiera dove abbiamo atteso ore, giorni, nella speranza di poter riabbracciare mio padre. Chiamato a riconoscere quei corpi che intanto il mare aveva restituito, uno dei figli di Sergio Bufo (che quell’equipaggio lo conosceva benissimo avendo lavorato sino a qualche settimana prima sul «Franco P.») aveva quasi trovato sollievo per non aver riconosciuto quello dei nostri genitori. E con lui anche noi. Era una gioia effimera, una speranza che si è spenta ora dopo ora, come una candela consumata dalla fiamma. Quei corpi non sono mai stati trovati».  

Recuperare il relitto – Ed è proprio da questo principio che nasce la lotta di Eleonora Mongelli e della famiglia di Sergio Bufo: riportare alla superficie il relitto e ritrovare i corpi dei loro cari. «Sono pronta a tutto, lotterò finché avrò l’ultimo respiro per farlo – ha affermato fortemente la figlia di Mauro Mongelli – perché è un nostro diritto, ma anche un dovere. So benissimo che per alcuni mio padre era una persona qualunque, non era una celebrità per cui vale la pena ritrovare il corpo e darne sepoltura. E invece no. Per me e mia madre, mio padre era molto di più di una celebrità, era il nostro eroe, un uomo speciale, un lavoratore esemplare, esperto, ma che mai avrebbe messo a repentaglio la propria vita, perché sapeva che ad aspettarlo c’era la sua famiglia». Ad avvalorare la forte possibilità che i corpi di Mongelli e Bufo siano ancora sul «Franco P.», sono le poche e scarse dichiarazioni rilasciate dal comandante. «Petralia ha sempre affermato di ricordare poco – ha proseguito la figlia del disperso – ma ha raccontato di aver dato mandato a mio padre di verificare in sala macchine cosa stesse succedendo. Per l’esperienza acquisita da mio padre in tanti anni di lavoro, mai avrebbe rischiato la vita se avesse compreso il pericolo e se avesse inteso che nulla era possibile fare per evitare di affondare. Non è una certezza, ma una nostra convinzione: il corpo di mio padre è ancora lì in quella sala macchine dove è rimasto intrappolato».

Per comprendere la dinamica dell’accaduto, le famiglie Mongelli e Bufo si sono affidate alle perizie di uno studio di ingegneria navale. Perizie che hanno portato un drone sottomarino a fotografare lo stato del relitto. «Non posso che ringraziare chi ci sta aiutando a far luce sulla vicenda e per la professionalità che ci sta mettendo – ha sottolineato Eleonora Mongelli – ed è proprio grazie a questa perizia che abbiamo potuto verificare il quasi perfetto stato in cui oggi verte il relitto, adagiato a mille metri di profondità. Recuperarlo è possibile e noi lo faremo, costi quello che costi, nonostante all’armatore non interessi minimamente farlo e nonostante le miglia di profondità».

«Pronti a una raccolta fondi senza aiuto dallo Stato» –  Il recupero del relitto sarebbe unicamente una questione economica. «Proprio lo Stato dovrebbe essere interessato a fare chiarezza su questa tragedia – ha concluso Eleonora Mongelli – ma qualora non fosse disposto ad aiutarci, non escludo persino di avviare una raccolta fondi. Mio padre e Sergio Bufo meritano di ritrovare la pace e la sepoltura». Rimane da capire come, in merito all’intera vicenda, vorrà procedere il Comune di Molfetta. Non è da escludere la possibilità di una costituzione di parte civile. Inoltre, proprio grazie all’intervento del Comune e del sindaco Tommaso Minervini, le famiglie dei due marittimi molfettesi hanno ottenuto recentemente lo stato di morte presunta: un aspetto non da poco che pone le due famiglie nella possibilità di avvalersi di diritti sinora privati.

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