Bari, così i clan sono diventati Gomorra

«Stiamo aggomorrati». Ovvero, siamo come quelli di Gomorra: pronti a conquistare la città, con le buone o con le cattive. Basta una frase, intercettata dai carabinieri durante le indagini sull’omicidio di Michele Ranieri (avvenuto a San Pio l’11 settembre) per raccontare il clima che si respira a Bari. La città in cui le nuove leve dei clan sono pronte a far saltare quegli equilibri che negli ultimi anni hanno garantito una relativa pace.

Degli emergenti fanno parte i tre uomini accusati della morte di Ranieri, cognato 39enne di Vincenzo Strisciuglio e braccio destro di quel Carlo Alberto Baresi che proprio degli Strisciuglio è il referente su Carbonara. Si tratta di Saverio Faccilongo, Giovanni Sgaramella e Saverio Carchedi. Spietati, violenti e soprattutto giovani: i primi due hanno 33 e 34 anni e l’ultimo appena 21, ma è conosciuto da quando, diciassettenne, faceva le estorsioni ai commercianti e si guadagnava fama e rispetto insieme con il soprannome “il minorenne”. Stando alla ricostruzione della Dda, la Direzione distrettuale antimafia, Sgaramella e Carchedi hanno assassinato Ranieri a colpi di pistola per colpire Baresi (detenuto nel carcere di Bari) e far capire alle famiglie della città che con loro non si scherza.

Hanno tentato il salto di qualità i ragazzi di Enziteto, nati nella galassia degli Strisciuglio, ma forse hanno fatto il passo più lungo della gamba. Perché Baresi è uomo rispettato anche dai clan rivali, Parisi in primis, e Ranieri non era uno qualunque ma il cognato di uno Strisciuglio. È per questo che l’eventualità di una risposta — che potrebbe scatenare una faida — è un’ipotesi che allarma. Del resto, che dopo il delitto dell’11 settembre — ordinato da Faccilongo per telefono dal carcere di Trani — i tre avessero capito di avere esagerato non ci sono dubbi. Lo dimostrano le conversazioni intercettate dai carabinieri del Reparto operativo (guidati dal colonnello Gabriele Mambor) e riportate nell’ordinanza di custodia cautelare con cui la gip Antonella Cafagna ha spedito in carcere anche Carchedi e Sgaramella, su richiesta della pm Lidia Giorgio. Faccilongo tenta di prendere le distanze dall’omicidio, cercando di spiegare ad altri sodali che ai suoi uomini aveva ordinato di intimidire Ranieri e non di ucciderlo: «Poi il minorenne mi dovrà dire perché ha fatto di testa sua….» dice in una telefonata con Giuseppe Franco. Mentre parlando (sempre dal carcere) con Aldo Brandi (anch’egli in carcere ma a Matera), spiega chiaramente: «Non è stato un ordine mio, per questo sto nero con i compagni nostri, ma ormai hanno fatto il danno e mo’ dobbiamo continuare».

Ovvero: la crociata per smarcarsi dagli Strisciuglio, e da un vecchio modo di concepire l’organizzazione delle attività criminali, è ormai cominciata e non si può più tornare indietro. Al contrario, vanno rinsaldate le alleanze per conquistare potere e altri pezzi di città oltre i quartieri Enziteto e Catino. A partire da quella con la fazione del San Paolo, anch’essa composta da giovani irruenti, nati nell’orbita degli Strisciuglio e ansiosi di diventare indipendenti. A loro vanno i primi pensieri di Faccilongo dopo l’omicidio Ranieri: «I compagni del quartiere vicino per noi sono come fratelli, siamo una cosa sola». E non a caso, invia Carchedi a tastare il terreno, per capire com’è stato presa la morte del luogotenente di Baresi.

«Sto andando ora al San Paolo, a vedere quelli che hanno in testa», conferma al telefono “il minorenne”. Più complicata, a quanto pare, la gestione dei rapporti con quelli del borgo antico, ai quali bisogna spiegare che la vendetta trasversale nei confronti di Baresi fosse dovuta a causa del suo cattivo comportamento. Per portare questa ambasciata, il 14 settembre Carchedi viene inviato a Bari vecchia: «Mo’ tu chiami due degli amici di vicino (ovvero quelli del San Paolo) e gli dite tutto ciò che ha detto e fatto quel cesso contro di noi e contro i compagni del quartiere». Oltre a portare il messaggio, però, Carchedi deve anche mostrare ai barivecchiani che quelli di Enziteto non hanno alcuna intenzione di tirarsi indietro: «Non dobbiamo abbassare la testa altrimenti ci colpiscono, ci devono vedere sempre aggressivi».

Sull’importanza della approvazione da parte degli uomini del borgo antico, i carabinieri annotano che il gruppo riconducibile agli Strisciuglio ha recentemente serrato le sue fila con le scarcerazioni di Antonio Romito (detto Maradona), Giovanni Gualberti (“Candy Candy”), Giuseppe De Felice (“Pinuccio il napoletano”), Antonio De Antoniis (“Tonio ’u biond”). Significa che anche a Bari vecchia ci sono di nuovo gli uomini pronti ad agire. Mentre nel quartiere Japigia, intanto, l’esercito di Savinuccio Parisi continua a fare i suoi affari e serra le fila in attesa della scarcerazione del boss, prevista per il prossimo febbraio.

fonte: CHIARA SPAGNOLO – bari.repubblica.it

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