Azzollini, i segreti delle telefonate

GIOVANNI DI BENEDETTO – repubblica/archivio

Le telefonate tra il senatore Antonio Azzollini e gli indagati nell’inchiesta sul porto di Molfetta al vaglio della procura di Trani. I magistrati Giuseppe Maralfa e Antonio Savasta intendono utilizzare le conversazioni del parlamentare intercettate indirettamente sulle utenze delle persone con cui parlava coinvolte nelle indagini che hanno portato al sequestro dello scalo commerciale. Per farlo la procura ha chiesto l’ autorizzazione al gip che dovrà fissare una camera di consiglio all’ esito della quale dovrà decidere se accogliere l’ istanza. In caso positivo dovrà inviare la richiesta al Senato che dovrà poi eventualmente concedere l’ autorizzazione.

Dunque gli investigatori non si accontentano dei colloqui (indiretti) già presenti nella voluminosa ordinanza e intendono scoprire cosa c’ è effettivamente dietro quello che nei verbali viene definito “metodo Azzolini”, attraverso il quale l’ ex sindaco avrebbe, a detta degli inquirenti, intimidito “riottosi” rappresentanti delle istituzioni che volevano vederci chiaro nella vicenda e si opponevano alle sue pressioni. Secondo l’ accusa ognuno aveva un proprio ruolo: chi interferiva sulle attribuzioni di vari enti inducendo i componenti della giunta comunale ad approvare delibere illegittime e illecite; chi si occupava degli atti per la loro approvazione, compresa una perizia di variante che avrebbe comportato lo stravolgimento del progetto originario che era quello della realizzazione solo di una diga foranea; chi per la Cmc di Ravenna avrebbe concordato “a tavolino” le strategie tecnicoamministrative per consentire la sopravvivenza dell’ appalto nonostante l’ impraticabilità dei fondali per la presenza delle bombe; e infine chi avrebbe consentito la distrazione dei finanziamenti pubblici destinati al porto e, in parte, utilizzati diversamente. Quasi la metà dei 150 milioni di euro, sostengono gli investigatori, sono stati utilizzati in un’ operazione di “maquillage finanziario” per evitare il dissesto.

Nelle carte il gip Francesco Zecchillo le definisce “spese extraportuali”, venivano inserite fittiziamente nei codici riferibili al completamento della diga foranea in modo da nascondere la diversa destinazione. E così da quei soldi sono stati pagati il progetto di realizzazione di una pista di atletica, i lavori in piazza Gramsci, gli incentivi ai dipendenti comunali, le spese di cancelleria, quelle per l’ acquisto dei chioschi per la vendita di prodotti ortofrutticoli e perfino pranzi e cene ai ristoranti. Questa mattina, intanto, sarà interrogato il direttore del cantiere Giorgio Calderoni, ai domiciliari a Ravenna; lunedì sarà la volta dell’ altra persona arrestata, l’ ex dirigente del comune di Molfetta Vincenzo Balducci. Ieri è stato ascoltato in procura l’ ex vice sindaco di Molfetta Pietro Uva, anche lui indagato, dimessosi tempo fa, pare, per dissapori con il primo cittadino. Dall’ inchiesta sullo scalo commerciale, spiegò il capo della procura di Trani Carlo Maria Capristo, potrebbero ricevere nuova linfa le indagini sulla morte di Enzo Tangari, il funzionario comunale che si tolse la vita il 12 marzo scorso gettandosi con la sua auto nelle acque del porto, “quasi volesse dare un segnale”. Valeria Tangari, cugina di Enzo, ha spiegato che pochi giorni prima di morire il funzionario aveva incontrato un noto professionista della città al quale aveva “esternato le sue gravi preoccupazioni in merito alla questione del porto”.

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