Appalti e veleni di Stato

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di Matteo d'Ingeo (coordinatore Movimento "Liberatorio")

Abbiamo invaso l'Iraq per cercare le armi di distruzione di massa, invece sarebbe bastato tuffarsi nelle acque di Molfetta o di Ischia per trovarne a migliaia. Arrugginite fuori, micidiali dentro. Ma tutto questo finora non è interessato a nessuno.
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Si conclude così il capitolo introduttivo dell’ultimo libro di Gianluca Di Feo – “Veleni di Stato”, un libro-inchiesta che ogni giovane molfettese dovrebbe leggere per conoscere la storia del nostro paese, quella storia che non ci fanno leggere sui libri di scuola e che nessuno mai ci racconta.
Di Feo ci parla, nel suo libro, di Salvatore Farinato, molfettese, che lavorava all’epoca per l’autorità portuale di Bari e che ha raccontato di una riunione “top secret” tenuta all’inizio dell’estate 1944 per lo smaltimento finale delle bombe a caricamento chimico recuperata nel porto di Bari.
Era previsto che venissero imbarcate a Molfetta e che la sepoltura avvenisse al largo. Era previsto che quel bagaglio così scomodo fosse affondato in una fossa profonda mille metri. Le cose invece andarono diversamente. Gli specialisti inglesi si limitarono a trasferire il carico a Molfetta con i camion in un’atmosfera di gran mistero senza dare informazioni ai portuali sulla natura dei materiali.
Il trasporto in mare fu affidato a ditte private, con un contratto che garantiva il pagamento in base alla quantità di ordigni scaricati. I soldati inglesi non vigilarono sull’operazione e le bombe sono state seminate su una vasta area, senza registrarne la posizione, anche a pochi metri sotto il livello delle onde; così uno dei tratti più pescosi dell’Adriatico fu trasformato in un campo minato devastante.

Il libro dovrebbe leggerlo anche il nostro sindaco Azzollini che si è ritrovato seduto nel bel mezzo di questa “santa barbara”. Molti suoi colleghi parlamentari negli ultimi 10 anni hanno interrogato i vari governi sulle discariche belliche e navi di veleni sparse nei nostri mari e in particolare nel basso Adriatico, ma lui no; si è accorto dei residuati bellici solo quando ha deciso di costruire il “suo” nuovo porto commerciale e l’unico grande interesse, per la sua amministrazione, rimane questa grande opera che non servirà alla città ma solo a soddisfare interessi particolari. In questi ultimi due anni, a Molfetta, si è parlato per la prima volta, senza veli di segretezza, di quella “eredità ingombrante” che ci ha lasciato quel maledetto bombardamento del porto di Bari del 2 dicembre 1943 e non solo. Il 19 novembre 2007 il Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, la Regione Puglia, l'ICRAM e l'ARPA Puglia, dopo oltre 60 anni, hanno sottoscritto un “Accordo di Programma” con l'obiettivo di redigere ed attuare il "Piano di caratterizzazione e bonifica degli ordigni bellici ai fini del risanamento ambientale delle aree portuali del Basso Adriatico" previsto della Legge n. 448 del 28/12/2001.
Le attività oggetto del piano sono: “Verifica della presenza di ordigni bellici sui fondali di aree portuali e costiere; produzione, per ciascuna area indagata, di mappe dei tratti di fondale indicanti: posizione, tipologia, giacitura e conservazione dei residuati bellici individuati; caratterizzazione dei fondali delle aree di interesse volta alla verifica della presenza di composti tossici eventualmente rilasciati da residuati bellici corrosi e di contaminati di origine antropica; bonifica dei fondali dagli ordigni individuati”.

La “Fase 1” del piano di bonifica riguarderà il porto Vecchio di Manfredonia, porto di Molfetta, porto Nuovo di Bari; area costiera tra Molfetta e Giovinazzo (antistante l’area a terra dell’ex impianto di sconfezionamento ordigni Stacchini (Torre Gavetone) di superficie pari a circa 58.000 m2 e del tratto di mare di estensione pari a 105.654 m2 circostante l’isolotto Sant’ Emiliano (Comune di Otranto).

Priorità assoluta per il porto di Molfetta e l’area antistante Torre Gavetone in virtù dell’eccezionale numero di ordigni ancora giacenti sui fondali. Si tenga conto che ad oggi siano stati già neutralizzati circa 70.000 ordigni di ogni tipo. In un workshop tematico, quasi privato, tenutosi il 13 novembre del 2009 a Molfetta, il dott. Arcaro delll’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha dichiarato che con le ultime prospezioni e ispezioni magnetometriche nelle acque, a sud di Torre Gavetone, sono stati individuati altri 172 residuati bellici a poco più di 40 metri dalla riva; inoltre è stata individuata un’area estesa circa 100 m2 interessata dalla presenza di numerose spolette (in numero stimato di circa 100) distribuite in maniera sparsa sul fondale.

Al riguardo si segnala che le spolette sono usualmente caricate con fulminato di mercurio (Hg(ONC)2) un composto utilizzato come carica detonante che qualora rilasciato nell’ambiente marino può determinare conseguenze negative per l’ecosistema a causa della presenza del mercurio. Ma al nostro sindaco non interessa Torre Gavetone e non interessa nemmeno la salvaguardia della salute dei suoi concittadini che continuano ad immergersi, ignari, nelle acque antistanti Torre Gavetone tra residuati bellici di ogni tipo; al sindaco interessa solo la costruzione del nuovo porto commerciale e affida nel maggio 2005 alla società ATI Lucatelli s.r.l. di Trieste la ricognizione e bonifica da ordigni bellici dei fondali marini del costruendo porto. Il 2.01.2006 l’ATI Lucatelli s.r.l. fa richiesta di sospensione del servizio essendo impossibilitata a proseguire avendo individuato una zona, particolarmente intasata, detta “zona rossa”, georeferenziata di superficie mq.118.000 circa, in cui si è scoperto una concentrazione subacquea di ordigni esplosivi residuati bellici di vario genere, scaricati in mare nel dopoguerra, di notevole entità, dell’ordine delle centinaia di unità, e, essendo impossibilitata a proseguire se non dopo che lo SDAI (Servizio Difesa Automezzi Insidiosi) intervenga.

Successivamente, in data 02.03.2007, l’ATI Lucatelli, considerando che ad oltre un anno dalla indagine magnetometrica, lo SDAI non ha proceduto, per carenza di fondi, alla rimozione e brillamento degli ordigni rinvenuti, propone di chiudere l’appalto per impossibilità a procedere, senza richiedere maggiori oneri, ma, contabilizzando il servizio svolto sino al momento del rinvenimento della “zona rossa”.

Il sindaco Azzollini e l’Ing. Balducci non si arrendono e per il bene del nuovo porto e non della salute pubblica, cercano altre soluzioni anche perché la C.M.C. di Ravenna, società capogruppo dell’Associazione Temporanea di Imprese che si è aggiudicata i lavori di realizzazione del nuovo porto commerciale della città (un’opera del valore di circa 60 milioni di euro) ha messo in mora il Comune di Molfetta. Da oltre diciannove mesi dalla consegna dei lavori per cause direttamente ascrivibili al Comune di Molfetta è stata impossibilitata ad operare. Si cerca allora un’altra società in grado di fare lavori di prospezione dei fondali, attività di recupero e rimozione dei materiali ferrosi, e segnalazione della presenza di ordigni di qualsiasi tipo; in aiuto del Sindaco Azzollini giunge la segnalazione, da parte dell’ I.S.P.R.A, dell’ATI ZanniniSub Technical Edil Service in grado di rilasciare, a lavori ultimati, una certificazione che attesti, sotto la propria responsabilità, l’avvenuta bonifica del fondale da tutti gli ordigni ivi presenti al fine di consentire all’ ATI CMC – SIDRA – CIDONIO, appaltatrice dei lavori di costruzione del nuovo porto di Molfetta, di avviare i lavori di dragaggio in condizioni di sicurezza.

Il Comune di Molfetta, sotto la minaccia della messa in mora da parte della CMC-SIDRA-CIMONIO, ha ritenuto di far fronte alla richiesta di 500.000,00 euro dell’ATI-Zannini, utilizzando i fondi destinati alla costruzione del nuovo porto, pur di continuare la bonifica dei fondali dell’area portuale. Ma questa grande disponibilità dimostrata dal comune non potrà evitare, sicuramente, azioni risarcitorie da parte della Ditta CMC che di fatto non potrà operare nel Porto per chissà quanto tempo ancora per la presenza degli ordigni.

Questo è un altro esempio di cattiva amministrazione gestita da dirigenti e amministratori incapaci di programmare i lavori di grandi opere pubbliche, gestire il denaro pubblico e tutelare il bene comune. Fra qualche anno racconteremo alle nuove generazioni di un nuovo porto che non è mai stato costruito e di un mare che non è stato bonificato; speriamo almeno che gli attori politici non siano gli stessi.

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