I giudici della seconda sezione penale del tribunale di Milano hanno condannato l'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio 1a 4 anni di reclusione e un milione e mezzo di multa per aggiotaggio nel processo sulla tentata scalata ad Antonveneta. Una pena maggiore rispetto ai 3 anni chiesti dalla procura. L'ex governatore è stato condannato anche a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, mentre per due anni non potrà contrattare con la pubblica amministrazione. Condannati anche l'ex presidente di Unipol, Giovanni Consorte (3 anni di reclusione e a un milione di multa) e il senatore del Pdl, Luigi Grillo (2 anni e 8 mesi). L'ex ad di Bpi, Giampiero Fiorani è stato condannato a un anno e 8 mesi di reclusione in continuazione con i 3 anni e 3 mesi di carcere che aveva patteggiato nel marzo del 2008. ll processo avviato contro i cosiddetti "furbetti del quartierino" (molti di loro, come stefano ricucci e emilio gnutti, avevano patteggiato la pena in sede di udienza preliminare), arriva a sentenza con una sola assoluzione: quella di francesco frasca, ex capo della vigilianza di Bankitalia. Per lui la procura aveva chiesto una pena di 1 anno e 8mesi, il tribunale ha deciso di assolverlo "per non aver commesso il fatto". "Mi aspettavo di essere assolto lo dico con franchezza", ha affermato al Tg1 l'ex presidente di Unipol, Giovanni Consorte. "Sono molto deluso e amareggiato" afferma Consorte.
LA SCHEDA 2
La fallita scalata della Bpl (poi diventata Bpi) ad Antonveneta nasce il 17 gennaio 2005 quando l'istituto lodigiano annuncia di aver superato la soglia del 2% del capitale della banca veneta, di cui gli olandesi di Abn Amro erano allora i maggiori azionisti. Successivamente, la Consob chiarirà che la Bpl aveva iniziato a rastrellare azioni sin dal novembre precedente.
Nel febbraio del 2005 la Bpl riceve il permesso della banca d'italia per salire fino al 15% in Antonveneta e successivamente fino al 29,9%. Mentre gli olandesi restano fermi al 18%. Per questo Abn presenterà esposti alla Consob e un ricorso al Tar del Lazio contro il ritardo con cui Bankitalia ha autorizzato gli olandesi a salire al 20% e poi al 30% di Antonveneta, rispetto alle "celeri" autorizzazioni concesse alla Lodi.
Ad aprile Abn lancia un'opa sulla banca veneta a 25 euro per azione, un mese dopo sarà il turno della Lodi con il lancio di un'offerta pubblica di scambio a 26 euro. Il 2 maggio la procura di Milano avvia le indagini e apre un fascicolo contro ignoti per aggiotaggio sulla scalata ad Antonveneta da parte di Bpl. Qualche giorno dopo la Consob delibera che Fiorani avrebbe stretto un patto occulto per superare la soglia del 30%, obbligandoli a lanciare un'opa sul 100% del capitale.
Le indagini porteranno, nel luglio dello stesso anno, al sequestro dei titoli Antonveneta detenuti dalla Banca popolare italiana (che nel frattempo aveva cambiato nome da Bpl) e da Emilio Gnutti, Stefano Ricucci, Danilo Coppola. A luglio arriveranno lo stop alle offerte Bpi da parte di Consob e Bankitalia. Nel decreto di sequestro delle azioni si fa menzione ad alcune intercettazioni 3che coinvolgono Fiorani e Fazio.Quest'ultimo avrebbe fornito informazioni privilegiate a Fiorani 4.
L'AUDIO: quel 'bacio in fronte' che fece il giro del mondo 5
Il 2005 si chiude con l'arresto di Fiorani e le dimissioni di Fazio da governatore della Banca d'Italia. Che oggi dice: "Sono sicuro di avere sempre operato per il bene e sono convinto che questa sentenza vada riformata".
La condanna 1 inflitta oggi dai giudici di Milano giunge a quattro anni dall'avvio delle indagini da parte dei pm. Le tappe:
2 maggio 2007: La Procura di Milano avvia le indagini sulla scalata e apre un fascicolo contro ignoti per aggiotaggio sull'Opa di Bpl ad Antonveneta. E' la data d'inizio dell'inchiesta che frantumerà il "sogno" di Gianpiero Fiorani, rampante leader del piccolo istituto di credito lodigiano, di scalare il gigante Antonveneta contro gli olandesi di AbnAmro. Pochi giorni dopo, il 17 maggio, Fiorani, Emilio Gnutti e altre 21 persone vengono iscritte nel registro degli indagati dalla Procura milanese.
25 luglio 2007: I pm sequestrano tutti i titoli dell'istituto padovano detenuti da Bpi, e dai concertisti, gli alleati Emilio Gnutti, Stefano Ricucci, i fratelli Lonati e Danilo Coppola. Dal decreto che dispone il sequestro delle azioni emerge un'intercettazione telefonica tra il governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, e Fiorani, che, secondo i pm, rappresenta la prova di un accordo fra i pattisti, che avrebbero rastrellato azioni Antonveneta attraverso società finanziate da Bpl.
2 agosto 2007: il gip Clementina Forleo convalida il sequestro delle azioni in portafoglio ai concertisti e notifica anche la misura interdittiva nei confronti di Fiorani e del direttore centrale finanza, Gianfranco Boni
16 settembre 2007:
Fiorani si dimette dalla carica di amministratore delegato di Bpl. La decisione arriva dopo una nuova ipotesi di reato a suo carico. Oltre che di aggiotaggio, insider trading e ostacolo all'attività di vigilanza della Consob, deve rispondere anche di falsa dichiarazione a pubblico ufficiale. L'accusa lascia intravedere l'ipotesi di un arricchimento personale attraverso finanziamenti della sua stessa banca con il coinvolgimento di alcuni prestanome. A dicembre, l'inchiesta si allarga e vengono indagati l'intero consiglio di amministrazione di Bpi (ex Bpl) e il presidente di Unipol, Giovanni Consorte.
Il Gip di Milano, Clementina Forleo, trasmette al Parlamento 68 telefonate sulle 73 che coinvolgono esponenti politici, nell'ambito delle inchieste Antonveneta-Bnl-Rcs e nelle due ordinanze che accompagnano la richiesta di autorizzazione a procedere, non risparmia pesanti accuse nei confronti dei 6 politici intercettati definendoli senza mezzi termini "complici di un disegno criminoso". Tra questi, il senatore del Pdl Luigi Grillo
23 maggio 2008: Il gup di Milano, Luigi Varanelli, davanti al quale si è svolta l'udienza preliminare, ratifica 58 patteggiamenti di persone fisiche e sei di società. Tra coloro i quali escono dal processo c'è Stefano Ricucci (un anno di pena); patteggiano solo una parte delle accuse Fiorani (tre anni e tre mesi) e Consorte (dieci mesi). Grazie a questi patteggiamenti, nelle casse dello Stato vanno oltre 120 milioni di euro, frutto dei reati emersi nel corso dell'inchiesta. Al termine dell'udienza preliminare, il gup rinvia a giudizio Fazio e altre 16 persone.
23 ottobre 2008: Si apre il processo davanti ai giudici della seconda sezione penale.
10 febbraio 2010: E' il giorno di Fiorani. Interrogato in aula, racconta che nella primavera del 2005, "Fazio mi disse che noi dovevamo superare il 50% per far fallire l'Opa di Abn Ambro. Queste cose si ricordano come fossero incubi di notte. Queste cose vengono fuori tutte le notti da 5 anni e mezzo. Ricordo non solo le parole, ma anche le fattezze e il modo in cui Fazio le ha dette".
13 gennaio 2010: Fazio parla per sei ore al processo, respinge le accuse e accusa Fiorani di averlo tradito: "Ha ordito una trama fraudolenta al solo scopo di trarre in inganno me e gli uffici di vigilanza per conseguire i suoi obbiettivi".
23 febbraio 2011: I pm chiedono tre anni di reclusione per Fazio, un anno e tre mesi per Fiorani in continuazione con la pena già patteggiata, tre anni per gli ex vertici di Unipol Gianni Consorte e Ivano Sacchetti. Due anni e un mese per il parlamentare del Pdl Luigi Grillo, un anno e 3 mesi per Francesco Frasca, ex responsabile della vigilanza a Banca d'Italia. Chieste condanne severe anche per le società, tra cui la confisca di 39,6 milioni per Unipol, imputata per la violazione della legge 231 del 2001 sulla responsabilità delle aziende per i reati commessi dai propri dipendenti.
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"Vivo la sentenza come una grande ingiustizia. Non la comprendo. Io ho la coscienza a posto". Antonio Fazio reagisce così alla condanna sulla tentata scalata Antonveneta 1. Ritiene di aver "sempre operato per il bene". Non si capacita del verdetto dei giudici: "Confido che sia ribaltato nei successivi gradi di giudizio".
L'ex governatore della Banca d'Italia è amareggiato. Non si aspettava una condanna così severa, con una pena persino maggiore di quella richiesta: quattro anni di reclusione, cinque di interdizione dai pubblici uffici, una maxi multa. Spera di uscirne fuori. E' convinto di aver agito "nell'interesse generale e dell'Istituzione". Cioè appunto della Banca d'Italia da cui si è dimesso alla fine del 2005, dopo la più ostinata resistenza che si ricordi. E' il 19 dicembre quando getta la spugna, dopo 12 anni di reggenza.
E' la prima volta nella storia dell'Italia repubblicana che il capo dell'Istituto preposto al sistema bancario e alla vigilanza del credito è costretto a cedere i suoi poteri di fronte all'evidenza di anomalie, illecite connivenze, ipotesi di reato, pressione pressoché unanime dell'opinione pubblica interna e internazionale. Palazzo Koch quel pomeriggio è scosso, sgomento. E lo è a maggior ragione adesso di fronte alla condanna, giunta oltretutto alla vigilia della Considerazioni finali, l'appuntamento-clou
per il Gotha dell'economia, l'ultimo del suo successore Mario Draghi, in partenza per la Bce.
Fazio riceve notizia della sentenza nella sua casa a nord di Roma, alla Camilluccia. Sono con lui la moglie Maria Cristina e i suoi cinque figli. E' colpito, dall'epilogo della vicenda. Guarda con fiducia al domani. Lo conforta sapere che, nella storia centenaria della Banca d'Italia, vi sono stati altri governatori che si sono ritrovati nei guai: alla fine però, sempre, ne sono usciti a testa alta. Nei giorni di massima tensione, per esempio, ricordava spesso le vicissitudini di Vincenzo Azzolini che, nell'Italia del fascismo e della guerra, viene "destituito e imprigionato ma senza dimettersi", con l'accusa di aver collaborato con i nazisti e consegnato loro parte dell'oro della Banca d'Italia. Sfugge per un soffio al plotone d'esecuzione, viene condannato ma poi è assolto e completamente riabilitato. Non dimenticava di menzionare il caso di Paolo Baffi e Mario Sarcinelli, pure ingiustamente accusati. "Io sono tranquillo con la coscienza. Ho agito per il bene", ripete oggi.
Eppure mai il tempio della finanza era stato così profanato come nella vicenda che lo riguarda. Un caso che oltretutto assume subito contorni internazionali: ci sono di mezzo soci stranieri, vorticosi giri di azioni, scalate, Opa, ricorsi, inchieste giudiziarie, la difesa della "italianità" e di rinforzo terribili intercettazioni. Alcune fanno il giro del mondo. "Ti bacerei in fronte, se potessi", gli diceva al telefono il banchiere Fiorani mentre il governatore lo invita a via Nazionale ma passando per "la porta di dietro". "I'd kiss you in the fronthead", traduceva la stampa anglosassone.
"Sono convinto che questa sentenza vada riformata", insiste Fazio mentre il suo avvocato bolla come "suggestivi" i contenuti dei brogliacci che all'epoca contribuiscono a rendere la Banca d'Italia oggetto di folcklorizzazione violenta: tapiri, gabibbi, imitatori, canzonette. Nel giro di pochi mesi sugli avventurosi interlocutori del governatore, autodegradatisi a "furbetti del quartierino", escono numerosi libri. Alvito, il paesello natio, è assediato per mesi dai giornalisti.
Tante condanne, una sola assoluzione: quella del capo della vigilanza, Francesco Frasca. "Sono contento", commenta Fazio. Il suo avvocato aggiunge: "Alla soddisfazione si accoppia l'amarezza: giustizia è stata fatta solo a metà. Il processo non offre elementi per distinguere le due posizioni".