Antonio Laudati all'Odeon: la mafia oggi è in giacca e cravatta

La nuova criminalità organizzata, illustrata dal procuratore capo di Bari, ha aperto la rassegna Agorà

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di Vincenzo Drago (www.molfettalive.it/…)

Non più coppola e lupara, ma apparente eleganza e fiuto degli affari. Abbandonare lo stereotipo del vecchio malavitoso siciliano è il punto di partenza per capire la nuova mafia, moderna e soprattutto pulita. E' ciò che emerso ieri sera dall'apertura della rassegna Agorà, avvenuta in un affollato cineteatro Odeon. Ospite di punta il procuratore capo di Bari Antonio Laudati, che ha ricevuto il premio Agorà dalla casa editrice "La città" (peraltro organizzatrice dell'evento) e il premio Legalità, conferito dall’associazione provinciale Antiracket.


Presente anche il sindaco Antonio Azzollini che, parlando «da legislatore», ha voluto indicare la propria via per un buon rapporto tra politica e magistratura. Due gli elementi cardine: «la necessità assoluta di equilibrio tra i poteri» e la loro «collaborazione», in mancanza della quale «accadono fatti spiacevoli e avanzano gli antipoteri della mafia». Il senatore cita, come esempio, la morte dell'anziana molfettese Giulia Samarelli, deceduta un anno fa dopo un assurdo scippo.

Il ricordo di quell'episodio, per quanto tristissimo, non sembra calzare proprio a pennello con il successivo intervento di Laudati. Per il procuratore, infatti, nei nuovi reati «non c'è più qualcuno che aggredisce, ma vi sono persone che forniscono beni illeciti ad altre persone consenzienti». "Mafia pulita", il titolo del suo ultimo libro, non è scelto a caso, ma indica «un modello di criminalità diverso da quello di una volta». Nell'usura, ad esempio, «la vittima si rivolge al criminale perchè non riesce a soddisfare i propri bisogni in modo legale». Occorrono perciò nuovi metodi di repressione, soprattutto contro la droga e la prostituzione; bisogna «incidere sul consumo e fare prevenzione di fattori sociali decisivi per il proliferare delle mafie». Il cittadino, in quanto consumatore, «ha in mano un potere di cui non si rende conto».

Senza contare «il modello vincente dell'associazionismo antiracket», elogiato dal delegato provinciale Maurizio Altomare. Esso «riesce a mettere in contatto persone affette dallo stesso problema, e permette di condividere il percorso verso il ripristino della legalità». Ciò avviene con maggior efficienza nel caso dell'usura, che «permette alla criminalità di inserirsi nel tessuto economico di un determinato territorio».

Precursore in tal senso fu Renzo Caponetti, anch'egli presente in sala per raccontare la sua difficile esperienza a Gela. La cittadina siciliana, martoriata dall'abusivismo e dalle piccole illegalità di tutti i giorni, fa da teatro agli agghiaccianti particolari illustrati dal presidente dell'antiracket cittadina. Lo stesso Caponetti è stato, a più riprese, vittima di violente intimidazioni.

Ora più che mai, dunque, l'abito non fa il monaco. La mafia può essere dappertutto, camuffata e silenziosa, in vecchie vie di campagna o nei consigli di amministrazione di grandi aziende. Riconoscerla è davvero complicato.

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