Non è stato infatti prestato consenso all’acquisizione degli atti a causa della diversa composizione del collegio giudicante e così il procedimento a carico dell’ex assessore Pino Amato e Pasquale Mezzina, Girolamo Antonio Scardigno, Gaetano Brattoli, Vito Pazienza e Giovanna Anna Guido tornerà in aula nel 2010.
Gli imputati sono accusati dalla Procura della Repubblica rappresentata dal Pubblico Ministero Giuseppe Maralfa di concussione, voto di scambio, abuso d’ufficio e falso ideologico, a vario titolo.
Nel processo si sono costituiti parte civile Matteo d’Ingeo, rappresentato dall’avv. Bartolo Morgese e il Comune di Molfetta nella persona dell’avv. Maurizio Masellis.
Nell’udienza del 20 gennaio saranno chiamati dalle difese a deporre in dodici. Tra questi, l’ex sindaco Tommaso Minervini e l’assessore Giacomo Spadavecchia.
Omicio Bufi, nuova assoluzione per i quattro carabinieri
di Lucrezia d’Ambrosio (www.lagazzettadelmezzogiorno.it/…)
Confermata, anche in Appello, l’assoluzione per Pietro Rajola Pescarini, Antonio Rosato, Luigi Policastri e Vito Lovino, i carabinieri accusati di falso e favoreggiamento nell’ambito delle indagini per risalire all’autore dell’omicidio di Anna Maria Bufi, avvenuto a Molfetta nel febbraio del 1992. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra qualche settimana. Non è escluso che i quattro chiedano il risarcimento dei danni subiti in seguito ad una vicenda giudiziaria che si è protratta per quasi un decennio. Pietro Rajola Pescarini, Antonio Rosato, Luigi Policastri e Vito Lovino, erano stati assolti, in primo grado, la primavera dello scorso anno. I quattro militari erano accusati di falso per aver attestato l’esito negativo della perquisizione eseguita il 4 febbraio 1992 a casa di uno dei sospettati (nell’ambito delle indagini per l’omicidio di Anna Maria Bufi) e per aver omesso di attestare la presenza, durante quella perquisizione, dell’appuntato Antonio Caldarulo, autore del ritrovamento di un paio di scarpe sporche di fango, e di favoreggiamento in quanto, non attestando il ritrovamento delle scarpe, avrebbero aiutato il sospettato a sottrarsi agli atti di investigazione e di indagine. «L’intera motivazione della sentenza – di – chiarò a luglio scorso, in occasione del deposito della sentenza assolutoria di primo grado, l’avvocato Giacomo Ragno, legale di due dei quattro imputati – ha accertato l’inat – tendibilità dei testi tanto da portare il giudice a dubitare che le circostanze riferite fossero realmente accadute». Secondo il giudice monocratico del tribunale di Potenza, dottoressa Lucia Gesummaria, che aveva assolto in primo grado ognuno dei quattro militari dai reati contestati «perché il fatto non sussiste», il principale teste di accusa, Antonio Caldarulo, all’epoca dei fatti appuntato dei carabinieri, non era attendibile.