A Molfetta gli irriducibili dei fuochi d’artificio sfidano i divieti e la pandemia

 

Per vincere la guerra contro i fuochi d’artificio non bastano più le ordinanze di divieto, le sanzioni e i sequestri, ma c’è bisogno di una grande promozione culturale permanente per 365 giorni l’anno e non annunci e proclami di propaganda a 48ore, o una settimana, prima di Natale o Capodanno. Ancora di più quando i proclami e gli annunci di controlli sono una presa in giro, tant’è che il nostro Comando di Polizia Municipale chiude alle 22.00 e la città non può essere affidata solo alle forze dell’ordine che hanno ben altro da fare con i loro pochi uomini disponibili.  Sono lontani gli anni in cui l’amministrazione comunale, sollecitata dai comitati di quartiere, emetteva ordinanze restrittive per Piazza Paradiso, pagando anche la vigilanza privata per presidiare la Piazza e le vie limitrofe. Purtroppo non ci sono più i comitati di quartiere che alzano la voce e nemmeno gli amministratori sensibili all’ascolto dei cittadini. Il risultato è che le piazze (non più solo piazza Paradiso e Immacolata) e le strade sono diventate facile preda dei facinorosi e sarebbe opportuno aggiungere qualcosa in più a questa riflessioni sui fuochi d’artificio illegali.

Nella nostra società, principalmente al sud e tra i meridionali emigrati altrove, la cultura dei fuochi d’artificio è strettamente legata ai riti religiosi. Non c’è festa patronale, ricorrenza legata alla chiesa, o processione di santi e madonne, che non abbia la sua manifestazione fragorosa e colorata, a volte più fragorosa che colorata. Ed è proprio il botto finale che determina la fine del festeggiamento religioso e, a volte, diventa una gara tra i fuochisti delle varie feste religiose per chi produce più rumore e più colori. Senza parlare di alcuni referenti malavitosi che, arbitrariamente, interrompono le processioni per esplodere a terra, o dai tetti, vere e proprie batterie di fuochi d’artificio a base di “rumori” e poco colore. Più rumore fanno e più visibili, e venerati, diventano i “fuochisti” di turno con nomi ben conosciuti a cui vengono concesse certe azioni senza alcuna sanzione o denuncia.

Quindi, fino a quando esisteranno i fuochi d’artificio legati alle feste religiose, noi continueremo a subire i botti di Natale e Capodanno, anche con feriti e danni al patrimonio, privato e pubblico. E’ una guerra impari difficile da combattere. Solo un processo culturale rivoluzionario potrà salvarci dalle barbarie. Quindi, perché non cominciare a pensare di ridurre la parte fragorosa, salvaguardando la parte colorata, cromatica e creativa dei fuochi d’artificio? Del resto è proprio questo che ci affascina quando li guardiamo e non la potenza del botto finale. Invece, in tutti questi anni la parte malata della popolazione, sceglie la parte meno creativa e spettacolare dei fuochi e preferisce il “botto” finale, isolato, distruttivo per lanciare messaggi sociali negativi.

E per ultimo, ma non meno importante, è ciò che le forze dell’ordine dovrebbero fare per tutto l’anno e non solo a ridosso di Natale e Capodanno. E’ possibile che non si conoscano le catene di produzione dei botti illegali? E’ possibile che non si conosca chi confeziona e vende i fuochi abusivi? E allora cominciamo a interrompere la catena produttiva e, forse, qualche risultato arriverà. Forse conosceremo anche chi continua ad armare gli “ignoti” che compiono gli attentati dinamitardi.

 

 

 

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