L’ex gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis torna ancora una volta davanti ai pm salentini. Un nuovo interrogatorio è stato fissato per la prossima settimana nei confronti del giudice finito in carcere lo scorso 24 aprile insieme con l’avvocato penalista Giancarlo Chiariello con l’accusa di corruzione in atti giudiziari.
C’è la questione armi su cui tornare. C’è, soprattutto, da approfondire proprio il capitolo sulle tangenti che l’avvocato Chairello avrebbe pagato al giudice in cambio di scarcerazioni facili. L’interrogatorio era stato chiesto a fine maggio dalla difesa del magistrato molfettese al centro dell’ennesima bufera giudiziaria che sta scuotendo la magistratura. La Procura salentina non ha perso tempo e ha fatto partire la convocazione per la prossima settimana. De Benedicits, assistito dai suoi difensori, avvocati Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone, si presenterà dunque per la quarta volta davanti ai magistrati Roberta Licci e Alessandro Prontera. Nei tre precedenti interrogatori, due di garanzia per il doppio arresto (mazzette e armi), l’altro investigativo, De Benedictis avrebbe accennato di potere essere in grado di parlare di vicende inedite che riguardano altri avvocati e altri magistrati. Di alcune avrebbe una cognizione diretta. Per altre, invece, sarebbe in grado di riferire circostanze riferite da altri.
La Procura di Lecce vuole rispondere a una domanda chiave di questa brutta storia. Il caso De Benedictis-Chiariello è isolato, oppure è la punta di un iceberg dietro un sistema più complesso? Se davvero l’ex gip di Bari sa, è questa l’occasione per circostanziare il suo patrimonio conoscitivo che ha annunciato essere piuttosto importante.
Si vedrà. Intanto, spuntano indiscrezioni anche sul fonte Chiariello, assistito dagli avvocati Raffaele Quarta e Andrea Sambati. Il legale, ricordiamo, è stato sospeso in via cautelare per 10 mesi dall’albo professionale in attesa che s’incardini il procedimento disciplinare vero e proprio. Il motivo per il quale il Riesame di Lecce ha detto «no» alla richiesta di attenuazione della misura cautelare (dal carcere ai domiciliari) sarebbe in estrema sintesi il seguente: stando ai domiciliari potrebbe continuare a commettere reati attraverso i colleghi di studio.