Il clan Capriati dietro l’agguato a Girolamo Valente nell’agosto del 2017 a Bisceglie

I carabinieri di Bisceglie e Trani (Bt) hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere e numerose perquisizioni per l’uccisione di Girolamo Valente, nell’agosto 2017. Le indagini coordinate dalla dott.ssa Luciana Silvestris della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari hanno permesso di raccogliere indizi sulla morte dell’uomo : sono stati arrestati due affiliati al clan Capriati: Filippo Capriati, classe ’71, barese, e Paolo De Gennaro, noto pregiudicato biscegliese 30enne.

Il raid, accaduto a breve distanza da un altro agguato mortale nel giugno dello stesso anno, aveva insanguinato l’estate biscegliese e terrorizzato la comunità locale per le modalità mafiose dell’esecuzione. I due sicari (uno dei quali in corso di identificazione) agirono in pieno giorno, secondo la ricostruzione dei carabinieri del Comando provinciale di Bari, con volto nascosto da un casco integrale e muniti di giubbotto antiproiettile. A bordo di un motorino, affiancarono l’auto sulla quale viaggiava la vittima insieme alla moglie ed esplosero 18 colpi di mitragliatrice, in cui Valente fu ucciso e la moglie rimase ferita.

Le indagini immediatamente avviate si sono orientate anche a carpire eventuali collegamenti con il fatto di sangue avvenuto due mesi prima ai danni di Matteo De Gennaro, che fu ucciso, e hanno rivelato, secondo gli inquirenti, un complesso quadro indiziario, che ha messo in luce un vero e proprio accordo tra il materiale esecutore (fratello di Matteo De Gennaro) e il reggente del clan barese Capriati per realizzare l’omicidio. Sfruttando i rapporti di natura criminale con il boss, infatti, il giovane killer biscegliese avrebbe chiesto ed ottenuto il placet per perpetrare il delitto.

Sulla base di quanto emerso dalle indagini, il movente che avrebbe spinto il giovane biscegliese, arrestato in queste ore, ad uccidere il pluripregiudicato Girolamo Valente sarebbe scaturito da una duplice motivazione: da un lato soddisfare il desiderio di vendetta per la presunzione che egli avesse decretato la sentenza di morte nei confronti del fratello e, dall’altro lato, per affermare la propria personalità criminale nel locale traffico di sostanze stupefacenti. In questa ottica, dunque, il benestare del boss Capriati, tradottosi nell’ordine di uccidere Valente, avrebbe garantito al killer la necessaria ‘protezione’ da eventuali vendette.
Entrambi i destinatari delle misure del Gip di Bari erano già sottoposti a misure cautelari restrittive per altri procedimenti. L’esecutore materiale dell’omicidio, in particolare, si trovava già agli arresti domiciliari, poiché coinvolto nella recente operazione denominata ‘Educazione criminale’ eseguita dai carabinieri di Bisceglie lo scorso 26 febbraio, che portò all’arresto di numerosi pusher locali.

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