Maniaci, scoop nascosti in cambio di soldi. Assunzioni, affitto gratis e magliette “antimafia” tra i favori estorti

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I carabinieri del Gruppo Monreale indagavano sui nuovi assetti di Cosa nostra in provincia e sui rapporti con alcuni politici, sono arrivati agli scoop del giornalista che proprio in quel territorio denunciava i boss. Ma alcuni scoop sono stati solo annunciati e mai fatti, è l’accusa che adesso la procura di Palermo rivolge al direttore di Telejato Pino Maniaci. Una verità choc emersa per caso, il 10 giugno 2014. La telecamera piazzata dai carabinieri nella stanza del sindaco di Borgetto Gioacchino De Luca riprende Maniaci che esordisce: “Benedetta liquidità, sborsate…”. Si vede il giornalista che distende il braccio e fa un cenno con la mano. Poi dice: “Mi dai 250 euro”. E il primo cittadino chiosa: “Si, 400 te ne devo dare”. Una scena che lasciò investigatori e magistrati perplessi. Perché quei soldi? Alla ricerca di una risposta i magistrati di Palermo decisero di mettere sotto controllo il telefono di Maniaci.

Telejato, intercettazioni Maniaci: ”Fai tremare tutti con questa televisione!”

Così, sono emerse le storie dei ricatti che hanno portato il giornalista simbolo dell’antimafia ad essere indagato per estorsione. Aveva fatto dei servizi pesanti sul sindaco di Borgetto, è vero. Ma poi diceva al sindaco che era pronto uno scoop sensazionale, che avrebbe portato allo scioglimento del consiglio comunale. Uno scoop mai andato in onda. Forse era solo un bluff. Di sicuro, nella calda estate del 2014 il direttore di Telejato parlava spesso al telefono con l’addetto stampa di De Luca. Che poi riferiva al sindaco: “Mi ha fatto 12 mila telefonate chiddu”. Maniaci chiedeva qualcosa. Ma cosa? Ancora i carabinieri non lo sapevano. Il sindaco diceva al suo addetto stampa: “A posto, ci dici che di qua a questa sera è tutto fatto, non c’è problema”. L’addetto stampa: “Gli dico che passa dalla Carcara e se li viene a prendere più tardi?… Faccelo ora perché questo è un pazzo di catena”. Una telefonata dai toni concitati: “Ma è a posto, domani glielo diamo, tranquillo, senza nessun problema… Ma oggi non ha fatto nessun servizio?”. Risposta dell’addetto stampa: “La metà l’ha fatto, questo non lo ha fatto”.

“La Carcara” è il ristorante gestito dalla famiglia del sindaco di Borgetto. La cosa da consegnare al più presto a Maniaci sarebbe stato un assegno, per pagare una pubblicità del locale su Telejato. Una pubblicità che nascondeva un’estorsione, è l’accusa dei pm. L’annuncio di altri scoop antimafia avrebbe fatto paura anche al sindaco di Partinico, Salvatore Lo Biundo. A lui Maniaci aveva chiesto l’assunzione dell’amante al Comune, attraverso un contratto a tempo. E il giornalista antimafia si vantava con la donna di esserci riuscito, ma voleva altri soldi: “Salvo ha fatto il suo dovere, ora… stamattina, devo vedere di vederlo perché gli devo fottere qualche altre 50 euro, va bene?”

IL BLITZ
Anche l’indagine iniziata nel 2012, sulla mafia di Borgetto e Partinico, ha avuto questa mattina un suo esito. E, ironia della sorte, il provvedimento del gip riguarda sia i boss che Maniaci. La mafia e l’antimafia insieme. Si tratta di nove persone legate al gruppo di Nicolò Salto, storico esponente di Cosa nostra della provincia che era tornato in libertà nel 2013. Aveva fatto subito sentire la sua presenza, minacciando alcuni imprenditori. Intanto, sanciva una pax mafiosa con l’altro schieramento forte della mafia di Borgetto, quello dei Giambrone. Fra Partinico e Borgetto, la mafia era tornata ad essere forte. Ma una certa antimafia era ancora più forte.

I FAVORI
Sono quattro i capi d’accusa per Maniaci, sotto la voce “estorsione”.

All’assessore di Borgetto Gioacchino Polizzi avrebbe imposto di comprare duemila euro di magliette antimafia e di pagargli tre mesi di affitto. Il sindaco di Borgetto avrebbe invece pagato 600 euro a Maniaci per comprare il suo silenzio. Il primo cittadino di Partinico stipulò un contratto all’amante del direttore di Telejato e quando il contratto arrivò a termine pagò di tasca sua 250 euro. E l’amante di Maniaci iniziò a lavorare in nero al Comune.

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