Crac della Divina Provvidenza, in 28 rischiano il processo a Trani: spuntano altri nomi eccellenti

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di GIOVANNI DI BENEDETTO – bari.repubblica.it

In poco meno di un anno la Procura di Trani ha chiuso le indagini sul crac da 500 milioni di euro alla Casa della divina provvidenza di Bisceglie, che ha sedi anche a Foggia e Potenza, adesso in regime di amministrazione straordinaria. Sono in tutto 28 gli indagati nell’ambito dell’inchiesta che a giugno scorso portò all’arresto di dieci persone. Per l’accusa l’ex ospedale psichiatrico era un “salvadanaio privato”, un “pozzo senza fondo” le cui casse erano “destinate a non esaurirsi poiché costantemente irrorate per effetto dei benefici economici scaturenti dai vari interventi legislativi che hanno finora impedito il default”.

Una vera e propria associazione per delinquere, la definirono gli inquirenti, che ha imperversato per anni sulla Congregazione delle ancelle della Divina provvidenza, diventata nel tempo “preda di poteri forti e di trame politiche”. L’inchiesta fu aperta all’indomani della richiesta di fallimento dell’ente, resa possibile anche grazie alla collaborazione della Banca vaticana (l’allora Ior) e del nuovo corso voluto da papa Francesco sulla trasparenza. Magistrati e finanzieri parlano di una serie infinita di appropriazioni, sperperi, assunzioni clientelari, spesso di personale inutile nel momento in cui si procedeva a tagli di dipendenti per poter accedere agli ammortizzatori sociali, stipendi faraonici, epurazioni di lavoratori non graditi.

Tra gli indagati eccellenti rimane il senatore Antonio Azzollini (Ncd), considerato l’amministratore di fatto dell’ente, per il quale il gip Rossella Volpe aveva chiesto l’arresto poi respinto da Palazzo Madama (la decisione venne annullata dalla Cassazione), gli ex direttori generali Dario Rizzi, Antonio Albano, Giuseppe De Bari e Giuseppe D’Alessandro. Poi ancora la ex madre superiora suor Marcella Cesa e suor Consolata Puzzello, i consulenti Antonio Battiante, Lorenzo Lombardi, Antonio Damascelli, Rocco Di Terlizzi e Augusto Toscani, Adrijana Vasiljevic e Angelo Belsito.

Rispetto alle iniziali 25 posizioni i pm hanno stralciato la posizione degli indagati romani, tra cui Giuseppe Profiti, già presidente dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, delegato del commissario apostolico monsignor Luigi Martella, il vescovo di Molfetta scomparso a luglio scorso. In particolare Profiti rispondeva del contenuto di alcune intercettazioni che tiravano in ballo l’Idi, l’Istituto dermopatico dell’Immacolata a Roma. Dei nomi nuovi che figurano nell’avviso di conclusione delle indagini ci sono quelli che – secondo l’accusa sostenuta dal capo della Procura tranese Carlo Maria Capristo, dal suo vice Francesco Giannella e dal magistrato Silvia Curione – avrebbero concorso alla bancarotta fraudolenta.

Si tratta di Agatino Lino Mancusi, ex consigliere, assessore e vicepresidente della giunta regionale della Basilicata, del direttore amministrativo Marcello Paduanelli e dell’amministratore delegato dell’Ambrosia Technologies, società fornitrice di pasti e servizi di pulizia, Luciano Di Vincenzo. Gli altri indagati sono Silvia Di Gioia, Arturo Nicola Pansini, suor Daniela Dell’Olio, suor Carla Sabia, suor Stefanina Ulderico, suor Gianna Bochicchio, Michele Perrone, Nicolangelo Cosmai, Felice Stolfa, Ignazio De Iudicibus e Andrea Sasso.

Nei verbali figurano anche i nomi di due parlamentari locali, non indagati, che hanno fatto assumere loro conoscenti. Diversi sono stati nel corso di questi anni, lo ricordiamo, i sequestri effettuati, compreso il conto corrente di 561mila euro della causa di canonizzazione del fondatore don Pasquale Uva, gestito in modo “subdolo” dalle Ancelle: non già per le spese necessarie alla pratica di beatificazione del Venerabile, ma un vero e proprio conto segreto che veniva alimentato da versamenti di denaro proveniente da donazioni di fedeli e dal pagamento delle copie delle cartelle cliniche di pazienti. L’altro sequestro riguarda i 27 milioni di euro di Casa di Procura, definita la “cassaforte” dell’ente, che secondo gli inquirenti sarebbe servita a mettere al sicuro ingenti capitali.

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