Imprenditore suicida a Molfetta

 

 

 

 

 

 

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Giuseppe Rennola, quarantasei anni, imprenditore del settore dell’impiantistica, ha scelto un albero di ulivo per farla finita. Si è impiccato. Non un albero qualsiasi, in un posto qualsiasi. Ha scelto uno degli alberi nel fondo di sua sorella e di suo cognato, in località Cimalda. Voleva essere trovato. E subito. Sapeva che, se non fosse rientrato a casa, i suoi avrebbero cominciato a cercarlo e, con ogni probabilità, avrebbero cominciato dai posti a lui noti. E’ toccato proprio a suo cognato scoprire il corpo.
Ma perché il suicidio? Giuseppe Rennola non era malato. Non soffriva di manie depressive. Non prendeva psicofarmaci. Era una padre affettuoso, con le sue due figlie di diciannove e quindici anni, ed un marito premuroso. Ed è proprio a loro che è andato il suo ultimo pensiero, affidato ad un pezzo di carta, abbandonato in auto. Poche parole per salutare i suoi affetti e chiedere scusa per quello che sapeva avrebbe commesso di lì a poco.

E allora perché? Al momento è solo possibile formulare ipotesi, supposizioni. Giuseppe, come tutti i piccoli imprenditori, non stava attraversando un momento felice. I suoi principali clienti, gli enti pubblici, tardavano a saldare le fatture e lui che, pur di lavorare e di non far mancare nulla alla sua famiglia, sempre più spesso accettava lavori al di fuori dei confini regionali, negli ultimi tempi si era visto negare anche aiuti economici dalle banche con cui lavorava da tempo. Eppure, secondo fonti vicine alla famiglia dell’uomo, Giuseppe, fino ad oggi, era riuscito ad assicurare la paga ai suoi collaboratori. E allora perché? Difficile a dirsi ma non si può escludere il fatto che Giuseppe temesse di lì a poco di non riuscire a garantire tutti. Temeva di dover perdere la faccia. Probabilmente non riusciva ad immaginare il futuro. E lui che vantava crediti con gli enti, sarebbe finito schiacciato dai debiti. Nessuno immaginava, però, stesse maturando idee suicide.

Giuseppe, nella mattinata di ieri, è uscito di casa, un appartamento al civico 7 di Via Bolivar, come aveva fatto tante altre volte. Ha preso le chiavi della sua Renault Kangoo e si è allontanato. Erano da poco passate le 8. Nulla lasciava presagire quello che di lì a qualche ora sarebbe accaduto. Come abbia trascorso la mattinata è ancora una mistero. E’ probabile che abbia appreso una qualche notizia che potrebbe averlo turbato oltremodo; potrebbe avere incontrato qualcuno che gli ha comunicato l’esito di una trattativa. Tutte le ipotesi potrebbero essere verosimili. Per certo, ad una ora indefinita della mattinata Giuseppe ha raggiunto il fondo di sua sorella e di suo cognato. Ha parcheggiato l’auto. Ha scritto poche parole per la moglie e le figlie. Ha preso una corda e si è impiccato.

E’ stato suo cognato a trovarlo. Ma è stato un caso. Nella tarda mattinata di ieri, dopo le 13, l’uomo è andato in campagna per sistemare alcune faccende ed ha trovato lì l’auto di Giuseppe. Lo ha chiamato. Niente. Poi i suoi occhi hanno incrociato il corpo. E a quel punto ogni tentativo di soccorso è stato inutile. Giuseppe era lì da tempo. Senza vita. Sul posto sono intervenuti i carabinieri. Sono arrivati parenti. Ma c’era davvero poco da fare. Giuseppe Rennola ha deciso di scrivere di suo pugno l’ultima pagina della sua vita.

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