OMELIA PER LA MESSA ESEQUIALE
DEL SINDACO DI MOLFETTA GIOVANNI CARNICELLA
omissis…
Un delitto atroce. Assurdo. Sproporzionato (se mai ci può essere proporzione quando uno dei due termini del rapporto è la vita umana) nel movente e nell’esecuzione.
È la città che rimane sgomenta, mentre ripercorre all’indietro la sua storia, e vede per la prima volta le pagine della sua civilissima vicenda millenaria macchiate da un così funesto sfregio di sangue.
Incredibile. Un permesso negato, per oggettive ragioni di sicurezza, all’ambigua manifestazione del cantante di turno. La minaccia intimidatoria dell’organizzatore, sui gradini di una chiesa. La resistenza ferma e dignitosa del sindaco. Poi il fucile a canne mozze che, a distanza ravvicinata, ha chiuso il discorso. Ma ne ha aperto un altro. Inquietante e amaro.
È il discorso sul malessere della città. Un malessere che, in modo spesso maldestro, vogliamo rimuovere dalla nostra coscienza e del quale facciamo fatica a prendere atto, forse perché troppo fieri del prestigio del nostro passato. Un malessere che si costruisce su impercettibili detriti di illegalità diffusa, sugli scarti umani relegati nelle periferie, sui frammenti di una sottocultura della prepotenza non sempre disorganica all’apparato ufficiale.
È il discorso sulla rete sommersa della piccola criminalità che germina all’ombra di un perbenismo di facciata. Sulle connivenze col mondo della droga che ormai non risparmia nessun gonfalone. Sui rigagnoli sporchi che inquinano le falde sane di una economia costruita dalla proverbiale laboriosità dei nostri antenati, i quali hanno onorato Molfetta in tutti gli angoli del mondo…
continua a leggere qui