1 Marzo 2018, sono trascorsi due anni dalla prima bomba intimidatoria nei confronti di Matteo d’Ingeo e tutto tace

Sono trascorsi due anni dall’atto intimidatorio avvenuto nella notte del 1 Marzo 2018 davanti al portone d’ingresso condominiale del civico n.13 di via Quintino Sella dove abita il coordinatore del Movimento Liberatorio Matteo d’Ingeo. Alle ore 00.05 circa le telecamere di video-sorveglianza di zona registrarono una forte deflagrazione avvertita da molto lontano provocata da una bomba carta artigianale. Dopo l’esplosione, la velocità con cui si è sviluppato l’incendio, propagatosi al vecchio portone in legno e ai mastelli, lasciò presupporre che gli attentatori avessero usato anche del liquido infiammabile. Oltre ai danni subiti dal portone andarono in frantumi i vetri di due studi legali situati al primo piano dello stabile. Una seconda bomba carta fu ritrovata inesplosa a pochi metri dalla prima, forse persa dagli attentatori durante la fuga. Se fosse esplosa anche quella i danni sarebbero stati molto più gravi.

In questi due anni sono state presentate numerose integrazioni alle prime sommarie informazioni iniziali prospettando agli inquirenti almeno 30 possibili spunti d’indagine e ancora oggi si attendono gli esiti del lungo lavoro svolto dai militari dell’Aliquota Operativa della Compagnia dei Carabinieri di Molfetta, coordinati dal P.M. Dott.ssa Silvia Curione della Procura di Trani. Non si hanno notizie invece delle probabili indagini della Direzione Investigativa Antimafia di Bari

La città, la politica, le associazioni, i Comitati e le istituzioni, sembrano aver già rimosso e dimenticato tutto.

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